Mentre la precisa origine delle arti marziali rimane abbastanza vaga per gli storici, è assodato che questa risale comunque a parecchi secoli indietro nel tempo. Attraverso gli anni, gli stili di combattimento sono stati tramandati da generazione a generazione e da paese a paese. Questi adattamenti alle necessità ed alle situazioni contingenti sono partiti dalla Cina per giungere in Giappone e Korea, dando origine alla eclettica varietà di stili che oggi conosciamo. Sviluppate per migliorare le risorse di difesa personale e aumentare le probabilità di successo negli scontri armati, le arti marziali furono create dalle antiche culture asiatiche unendo tecniche di combattimento, disciplina mentale, esercizi fisici e svariate componenti filosofiche.
(Tratto da: “The Physical and Psychological Benefits of Martial Arts Training” di Adam Paul Swiercz)
Mentre la precisa origine delle arti marziali rimane abbastanza vaga per gli storici, è assodato che questa risale comunque a parecchi secoli indietro nel tempo. Attraverso gli anni, gli stili di combattimento sono stati tramandati da generazione a generazione e da paese a paese. Questi adattamenti alle necessità ed alle situazioni contingenti sono partiti dalla Cina per giungere in Giappone e Korea, dando origine alla eclettica varietà di stili che oggi conosciamo. Sviluppate per migliorare le risorse di difesa personale e aumentare le probabilità di successo negli scontri armati, le arti marziali furono create dalle antiche culture asiatiche unendo tecniche di combattimento, disciplina mentale, esercizi fisici e svariate componenti filosofiche.
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“Aikido Elements” è una rivisitazione di ciò che comunemente viene definito “programma di base”, non nella maniera di eseguire i movimenti ma nella loro scorporazione, alla ricerca di quelli che sono gli elementi costituenti alla base di qualunque sistema aikidoistico. “Aikido Elements” è una raccolta di ciò di cui un allievo ha bisogno per avvicinarsi alla pratica, dal Reishiki al Tai sabaki, dalle cadute a come allacciare la cintura, e di ciò che gli serve per partecipare ad un seminario o preparare un esame, dagli ingaggi su prese ed attacchi fino alle azioni di immobilizzazione e di proiezione.” Una descrizione breve ma esaustiva dell’ambizioso (in senso positivo, sia chiaro!) progetto di Fabio Branno e dello staff di “Aikidoedintorni”. Troppo spesso la nostra mentalità occidentale e le gelosie tra Scuole e stili hanno portato i praticanti più a focalizzare l’attenzione sulle particolarità di esecuzione delle tecniche specifiche, piuttosto che sui principi fondamentali che ne stanno alla base. E’ un po’ come se – nel campo dello studio della aritmetica – si mandasse a memoria la infinita serie di risultati di addizioni e moltiplicazioni senza studiare il principio di base modo di risolvere qualunque operazione. Sembra assurdo eppure è così, e capita non di rado che su un ingaggio “strano”, su una presa inusuale, su un attacco più veloce o più lento, più alto o più basso, il partner non sappia cosa fare perché “ancora non abbiamo studiato questa tecnica”. Poco male (o quasi…) se si tratta di un mudansha principiante, assai peggio se a giustificarsi così è lo yudansha in Hakama che starebbe studiando l’arte che ha già nel nome l’obbiettivo di essere la “fonte inesauribile” di tecniche applicative. (Traduzione ed adattamento di “What is Ki?”) Questa è una delle questioni probabilmente tra le più discusse in Aikido. I vari stili di Aikido (Aikikai, Iwama, Ki, Yoshinkai, Tomiki, ecc.) hanno ciascuno una propria opinione sulla natura di questa misteriosa ed onnipresente forza, e questa è una discussione che – per la sua propria natura – rimarrà senza fine, un po’ come il Ki stesso. “Ki” è una vecchia parola giapponese che non è semplice tradurre; è usata in molte frasi idiomatiche giapponesi dove assume il significato di spirito, energia, potenza, o aria (traduzione ed adattamenti di “Aikido, Karate, and the Feldenkrais Method” di Paul Linden, Ph.D., G.C.F.P. 4° dan di Aikido e 1° Dan di Karate) Ho vissuto una esperienza che ho portato a casa con me quale testimonianza di come possa essere utile il metodo Feldenkrais® applicato alla mia pratica marziale. Ero andato su un prato all’aperto per praticare i miei kata di Karate, cominciando ad eseguire dei pugni. Mi ricordo abbastanza bene, eseguivo il movimento del pugno ma non ero capace di dire dove finisse il movimento. Improvvisamente compresi che io mettevo normalmente una grande ed inutile tensione in ogni movimento che facevo. Questo non mi permetteva di compiere niente di utile, sprecavo solo energia, ma io valutavo quanto lontano ero riuscito ad andare in base a quanto mi fossi sforzato per farlo. Nel panorama marziale odierno si parla spesso di sistemi o discipline che sono il frutto della unione di più arti marziali, combinate tra loro. Questo avviene oggi – grazie alla maggiore possibilità di informazione offerta dalla tecnologia e mai mezzi di trasporto, ma accadeva anche nei secoli scorsi, quando praticanti attenti e lungimiranti riuscivano a trarre – come si suole dire – “fior da fiore”, creando un “insieme” coerente ed efficace. E’ il caso del “Bartitsu”, una arte marziale ed un sistema di autodifesa codificato da E. W. Barton-Wright nel 1899, combinando jiujitsu, savate, boxe e tecniche di bastone da passeggio. Sabato 5 maggio, a partire dalle 19,30, presso le sale del Castello Episcopio di Grottaglie, si terrà un incontro sul tema “Naturopatia e Medicina Cinese”. Interverrano Cosima Ciracì, Presidente della associazione “Zefiro”, naturopata, specializzata in Tuina ed allenatore 1° duan di Tai Chi Chuan per la Wudang Fu Style Federation; il dott. Eugenio Tilli, medico e specializzato in agopuntura alla scuola “Matteo Ricci” di Bologna e Carlo Caprino, istruttore di Arti marziali, presidente e Direttore Tecnico della A.S.D. “Fenice Rossa” ed allenatore 2° duan di Tai Chi Chuan per la Wudang Fu Style Federation. L’incontro ha l’obbiettivo di mostrare come e quanto la naturopatia e la medicina cinese possono essere efficaci nel migliorare il benessere e la qualità della vita dell’uomo occidentale del XXI° secolo. Il M° Claudio Regoli, condivide un'altra perla di saggezza... Yagyu Tajima no kami, ormai anziano, aveva rinunciato al posto di maestro di spada dello Shogun a favore del figlio,e,ritirato nel feudo avito, passava ormai il suo tempo nel castello di famiglia, ma era sempre il capo della sua Casata;un giorno convocò all’improvviso il consiglio del Clan. “A causa della mia età” iniziò il vecchio famoso guerriero:” la mia testa non funziona più bene, e mi vedo costretto,nel suo stesso interesse, a rinunciare al comando del Clan”. Grande fu la costernazione dei consiglieri all’idea che il vecchio maestro si ritirasse, anche perchè fino a quel momento era sembrato a tutti ancora in piena forma, sia fisica che mentale, ed i più arditi, pregandolo di riconsiderarla, chiesero il perchè di questa improvvisa decisione. Nel Budo giapponese le principali condizioni per vincere una battaglia sono riassunte in una sola frase: " Primo l'occhio (ichi-gan), secondo il piede (ni-soku), terzo il fegato (san-tan), quarta la forza (shi-ryoku). Esaminiamo in dettaglio questa frase. Ichigan : La parola giapponese ichigan (composta da ichi, “uno” e gan, “occhio” indica che la cosa più importante in un combattimento è sapere quale parte del corpo dell'avversario bisogna guardare. Nel Budo giapponese tale parte del corpo viene indicata come metsuke, ed è variabile a seconda dell'arte marziale considerata. Fissare lo sguardo nel corretto metsuke in combattimento è vitale, perché consente di intuire le intenzioni ed i movimenti dell'avversario: poiché non possiamo indovinare come e quando il nemico ci attaccherà, dobbiamo accuratamente osservare i suoi movimenti. Nel suo libro Gorin no Sho (il libro dei cinque anelli), il grande schermidore Musashi Miyamoto (1584?-1645) scrive che il metsuke della scherma è nel petto, insistendo che non si devono guardare gli occhi o la spada dell'avversario. Nel karate, invece, come in tutte le arti marziali a mani nude, il maestro Seikichi Toguchi insegna che il corretto metsuke sono gli occhi. “Metsuke”, cioè il punto di focalizzazione dello sguardo, è un concetto molto importante per il Kendo poiché è fondamentale focalizzarsi sull’avversario. Non guardare l’avversario negli occhi espone all’attacco e al colpo. Una delle prime cose che un principiante dovrebbe apprendere è quello di tenere sempre lo sguardo sul volto dell’avversario, soprattutto sugli occhi. Tuttavia sarebbe riduttivo ricondurre il concetto di Metsuke al solo concetto di tenere fisso lo sguardo sugli occhi dell’avversario poiché focalizzarsi unicamente su una specifica “area” rende la visione come attraverso un tunnel. Un esempio per capire: se ci si trovasse in mezzo ad un campo e si focalizzasse tutta la nostra attenzione su un solo fiore, probabilmente si noterebbe ogni singolo dettaglio: la grandezza, la forma, i colori… tuttavia così facendo si ignorerebbe ciò che c’è e accade intorno, probabilmente non saremmo consapevoli del colore del cielo o del vento che soffia. Lo stesso avviene se ci si focalizza esclusivamente sul volto o gli occhi dell’avversario. Si perderebbe la percezione del movimento dello shinai, delle mani, delle gambe, di tutto il corpo. Il concetto di Metsuke, letteralmente “ guardare verso una montagna lontana”, è chiamato “enzan-no-metsuke”. Sostanzialmente si basa sul guardare l’insieme, il tutto senza focalizzarsi su nulla in particolare, guardare cioè non la montagna ma tutto ciò che c’è tra se stessi e la montagna. _Quasi tutti i praticanti di arti marziali marziali cinesi conoscono il Pa Tuan Chin, o Baduanjin, (letteralmente: "otto pezzi di broccato", perché il benessere psicofisico che procura è prezioso come la seta pregiata), una serie di otto esercizi che abbinano all'allenamento muscolare e respiratorio un massaggio degli organi interni e che si ritiene facilitino lo scorrere dell'energia vitale nei “canali” chiamati “Jing Luo”, praticati solitamente all’inizio di ogni sessione di allenamento con lo scopo di termoregolare in modo uniforme tutti i gruppi muscolari e di sciogliere le articolazioni, onde evitare stiramenti o altri incidenti dovuti alla mancanza di riscaldamento.
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Marzo 2017
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