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Wazawai wa gelai ni shozu (La sventura accade sempre per una disattenzione)

7/31/2012

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Wazawai wa gelai ni shozu
(La sventura accade sempre per una disattenzione)


II momento di distrazione è il peggior nemico di tutti gli obiettivi. Può capitare qualsiasi tipo di disavventura, perché la persona in una data situazione non è concentrata al punto giusto ovvero le manca quell'intuizione decisiva che metta in condizione di valutare correttamente. Attraverso l'esercizio del Budo si può far propria una tale condotta positiva, una condotta contraddistinta da un'attenzione vigile al cospetto degli eventi. Trattasi più o meno di una questione di esercizio e chi lo vuole davvero, può imparare. L'assenza di spirito nell'agire presente, la disattenzione o l'eccessiva attività cerebrale su quella che è la vita, su quanto omesso o perduto o su ciò che sarebbe potuto essere, questi sono i peggiori nemici della concentrazione.



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Giuseppe Tucci, "Apologia del taoismo"

7/24/2012

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"Apologia del taoismo",  di Giuseppe Tucci
€ 14,00, pubblicato nel 2006, 71 pagine, Luni Editore (ordinabile presso la Firenzelibri s.r.l. - 0558635744 – email: info@firenzelibri.it), ISBN: 88-7435-126-7

Negli ultimi anni la Cina è tornata ad essere una delle protagoniste sulla ribalta internazionale, sia in campo sociale e culturale che in quello economico. A questa sua rinnovata popolarità è ovviamente seguito un rinnovato interesse, da parte di molti, in merito ai suoi uni e costumi, specie per quelli più esotici, affascinanti e capaci di colpire l'immaginario collettivo. Tra gli oggetti di interesse, non poteva mancare il Taoismo, ultimamente sempre più citato e non sempre a proposito o con cognizione di causa. Chi volesse saperne qualcosa di più da una fonte affidabile può ricorrere senz'altro agli scritti di Giuseppe Tucci, che fu giornalista, scrittore, archeologo, esploratore ed Accademico d'Italia, oltre ad essere stato il più grande orientalista italiano del Novecento e fra i massimi tibetologi a livello internazionale.


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Deshi (o della differenza tra studente e discepolo)

7/17/2012

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Traduzione ed adattamento di “Deshi” di Lynn Reafsnyder)

La maggior parte di noi hanno usato la parola “Deshi”, spesso senza sapere con precisione cosa significasse; molti l’hanno tradotta semplicemente come “studente” ma in realtà il termine ha un significato più profondo, poiché in giapponese il termine “studente” si traduce come “gakusei” mentre il termine “discepolo” come “deshi”, e questa è una differenza. Diamo una occhiata ai kanji del termine “Deshi”, composto da due caratteri: il primo è TEI, DAI, DE e significa “fratello più giovane” mentre il secondo è SHI, SU, KO che significa “bambino”, mentre in “Kanji & Kana” il significato di “deshi” è “alunno, apprendista o discepolo”.


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Il tempo della pratica

7/11/2012

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Girando attorno a una mola un asino fece cento miglia; quando fu sciolto, si trovò ancora allo stesso posto. Certi uomini camminano molto, ma non arrivano mai da nessuna parte; quando per loro giunge la sera non vedono né città né villaggio ne creazione né natura né forza né angelo.
Miserabili, hanno sofferto invano.
(Dal “Vangelo di Filippo” in “Vangeli gnostici” a cura di Luigi Moraldi – Edizioni Adelphi)

Spesso, troppo spesso, alcuni praticanti ritengono che a “certificare” la propria bravura ed esperienza sia sufficiente evidenziare il loro periodo di pratica; “Sono dieci anni che mi alleno”,”sono cintura nera da 15 anni” e così via. Se è vero, come è vero, che una quercia non nasce in un giorno e che c’è un periodo minimo senza in quale – semplicemente – una pratica non può essere appresa e compresa, è altrettanto vero che detto periodo è condizione necessaria ma non sufficiente all’acquisizione dell’esperienza desiderata.




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M° Giannino Martinelli "TRATTATO DI SCHERMA COL BASTONE DA PASSEGGIO"

7/9/2012

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M° Giannino Martinelli
TRATTATO DI SCHERMA COL BASTONE DA PASSEGGIO
Difesa personale
A c. di G. Galvani, G. Zanini, E. Lorenzi, V. Pitalis, ill., pp. 160, € 20,00


Per informazioni ed ordini: info@ilcerchio.it

Non è mai semplice scrivere la recensione di una opera d’arte, cercando di dosare la doverosa obbiettività ed i giudizi personali, ed ancora meno facile è farlo in questa occasione; meno facile ma ancor più opportuno.

Sgombro subito il campo dal dubbio che le remore siano dovute al mio contributo di correttore di bozze, in realtà ho fatto ben poco, e quel poco assolutamente ininfluente sulla qualità dell’opera, quindi – per quanto mi riguarda – ho tanto poco merito nel risultato, quanto molto onore nell’aver collaborato.




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Kuzushi? Cos’è e perché dovrebbe interessarmi?

7/2/2012

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(Traduzione ed adattamento di “Kuzushi? What is That and Why Do I Care?” di Harold Zeidman)

“Adesso ti insegnerò il segreto di tutte le arti marziali” mi disse un giorno il mio sensei. Io fui molto sollevato da questa notizia; mi ero impegnato nell’addestramento per tre volte alla settimana nelle ultime sei settimane e praticando le mie cadute infine ero giunto ad imparare “la roba seria”. Il mio sensei allora mi insegnò lo happo no kuzushi (le otto direzioni dello squilibrio) e con aria seria mi spiegò che “qualsiasi attacco proviene da una di queste otto direzioni” e che sarebbe stata la mia capacità nel ricevere l’attacco da qualsiasi direzione di provenienza a determinare la mia abilità nella pratica delle arti marziali. Sono certo che ancora oggi il mio sensei potrebbe raccontarvi quanto fossi irritato della cosa, poiché questa “rivelazione” mi appariva come la solita stupidaggine per illudere gli ingenui che occhieggiava alla filosofia orientale ma che non mi sembrava in nessun modo utile per aiutarmi ad imparare il jujutsu. Io volevo solamente imparare come proiettare lontano qualcuno e – se non questo – almeno come rompergli un braccio o qualcos’altro (come potete immaginare, ero abbastanza sanguinario all’epoca!), ma Sensei mi disse allora di continuare a praticare il mio happo no kuzushi e che quando avrei conseguito un grado sufficientemente alto, questa pratica avrebbe significato molto di più per me.


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