Ichigan : La parola giapponese ichigan (composta da ichi, “uno” e gan, “occhio” indica che la cosa più importante in un combattimento è sapere quale parte del corpo dell'avversario bisogna guardare. Nel Budo giapponese tale parte del corpo viene indicata come metsuke, ed è variabile a seconda dell'arte marziale considerata. Fissare lo sguardo nel corretto metsuke in combattimento è vitale, perché consente di intuire le intenzioni ed i movimenti dell'avversario: poiché non possiamo indovinare come e quando il nemico ci attaccherà, dobbiamo accuratamente osservare i suoi movimenti. Nel suo libro Gorin no Sho (il libro dei cinque anelli), il grande schermidore Musashi Miyamoto (1584?-1645) scrive che il metsuke della scherma è nel petto, insistendo che non si devono guardare gli occhi o la spada dell'avversario. Nel karate, invece, come in tutte le arti marziali a mani nude, il maestro Seikichi Toguchi insegna che il corretto metsuke sono gli occhi.
Nisoku: La seconda cosa da guardare in un combat- timento è il piede (soku). In questo caso, il termine "piede" assume però quattro diversi significati: posizione dei piedi, postura del corpo, modo di camminare (unsoku) e distanza dall'avversario (ma-ai). Le prime due interpretazioni, posizione dei piedi e postura del corpo, sono legate tra loro, in quanto una certa posizione dei piedi sarà stabile soltanto se il corpo assumerà una determinata postura. Il mantenere l'equilibrio durante un combattimento è essenziale per la vittoria, e quindi tutte le arti marziali hanno studiato una serie di posizioni (dachi) adatte per le diverse situazioni di combattimento. Nel karate gojuryu, le posizioni più comuni sono sanchin dachi, shiko dachi, nekoashi dachi e zenkutsu dachi, ed in particolare la prima viene considerata la posizione migliore per il metodo di combattimento di questo stile, in quanto se praticata correttamente diviene una posizione molto solida e stabile, e consente di sviluppare un forte ki (energia interna). Per quanto riguarda la seconda interpretazione, il termine unsoku significa letteralmente "trasportare il piede", ed indica come muoversi in modo rapido ed efficace tra due posizioni stabili.
Nel karate budo vi sono quattro tipi di unsoku: ayumiashi (camminare), suriashi (scivolare), unsoku kaiten (girare) e choyaku (saltare). Tutti i movimenti dell'unsoku hanno come fine quello di mantenere la corretta distanza (ma-ai) dall'avversario. Il ma-ai ideale è quella distanza che permette a noi di attaccare con facilità e che impedisce all'avversario di attaccarci. Tale distanza dipende dalle dimensioni del nostro corpo e dalla nostra abilità nell'eseguire unsoku. Quindi ogni persona ha un suo ma-ai. Rompere il ma-ai dell'avversario significa adottare la propria distanza favorita e di conseguenza una posizione vantaggiosa. Quando rompiamo il ma-ai dell'avversario rendiamo quest'ultimo incapace di attaccarci. Pertanto nel karate budo gli antichi praticanti studiarono seriamente come rompere il ma-ai nemico, e come proteggere il proprio. Nel karate Shorei-Kan il ma-ai è in genere molto corto: normalmente le tecniche di combattimento vengono scambiate ad una distanza di circa due piedi, misurata tra le punte dei piedi dei contendenti (tatakai no maai o distanza di combattimento): da questa distanza è possibile colpire efficacemente l'avversario con pugni o calci.
Tuttavia, di solito, prima di adottare la distanza tatakai no maai, si sta a una distanza maggiore dall'avversario (sonae no maai, distanza di vigilanza) per osservare i suoi movimenti e per essere in grado di anticipare il suo attacco. Adottando una distanza sonae no maai lunga ci potremo difendere con facilità da un attacco perchè avremo tempo sufficiente per reagire quando l'avversario si muove. D'altra parte, per la stessa ragione, non saremo in grado di attaccare agevolmente. Per migliorare le capacità di unsoku e insegnare le corrette distanze sonae no maai e tatakai no maai, nel sistema Shorei-Kan sono stati messi a punto molti esercizi prestabiliti di combattimento a due come kiso kumite, bunkai kumite, jissen kumite, ecc... Per esempio, la serie dei dieci kiso kumite consente ai praticanti di acquisire una sensibilità per entrambi i ma-ai e di migliorare l'unsoku, in particolar modo suriashi. Nei primi tre esercizi di kiso kumite chiamati rispettivamente dai ichi, dai ni e dai san, gli allievi imparano, oltre ai pugni ed alle parate, ad adottare una corretta distanza tatakai no maai, camminando in ayumiashi (più precisamente, con camminata sanchin). In questi kumite ci si mette in guardia già nella distanza di combattimento, e quindi le distanze tatakai no maai e sonae no maai coincidono.
Nei kiso kumite dai yon e dai go, invece, all'inizio di ogni esercizio i due contendenti si mettono in guardia alla distanza sonae no maai, e l'attaccante impara ad assumere rapidamente la distanza tatakai no maai utilizzando suriashi in sanchin dachi, mentre il difensore impara a parare gli attacchi mantenendo il proprio ma-ai con suriashi nella posizione renoji dachi o nekoashi dachi. A livello di cintura nera, vi sono poi altri esercizi avanzati (tra cui il combattimento shiai ed irikumi, gli jissen kumite ed i kiso kumite avanzati) per aumentare la distanza tatakai no maai e per accorciare il tempo di passaggio tra sonae no maai e tatakai no maai.
Santan: Nell'antica Cina, similmente all'antica Roma, si credeva che gli organi interni producessero coraggio, vitalità e spirito combattivo. In particolare, al coraggio era preposto, secondo questo sistema di credenze, il fegato (tan). Anche oggi, nelle lingue moderne rimane qualche vestigia di tali credenze: infatti, sia in italiano che in giapponese, "aver fegato" significa avere coraggio, ed in inglese il termine usato in modo informale per coraggio, "guts", indica genericamente le interiora. D'altronde, anche dal punto di vista fisiologico, questa connessione ha perfettamente senso, in quanto il sistema digerente è fortemente influenzato dal sistema nervoso autonomo, e quindi dalle emozioni quali rabbia o paura. Santan, quindi, significa che la terza cosa da fare per vincere un combattimento è mantenere la forza spirituale e mentale per combattere, vincendo la paura.
Shiryoku: L'ultima condizione importante per vincere un combattimento è la forza, ryoku. Il termine ryoku indica, oltre alla forza fisica, l'abilità nell'eseguire le tecniche di combattimento.
Adattamento dal libro: "Karate - le tecniche segrete di combattimento" di Toshio Tamano e pubblicato su www.shorei-kan.com/altro/ principi_combattimento.html