€ 14,00, pubblicato nel 2006, 71 pagine, Luni Editore (ordinabile presso la Firenzelibri s.r.l. - 0558635744 – email: [email protected]), ISBN: 88-7435-126-7
Negli ultimi anni la Cina è tornata ad essere una delle protagoniste sulla ribalta internazionale, sia in campo sociale e culturale che in quello economico. A questa sua rinnovata popolarità è ovviamente seguito un rinnovato interesse, da parte di molti, in merito ai suoi uni e costumi, specie per quelli più esotici, affascinanti e capaci di colpire l'immaginario collettivo. Tra gli oggetti di interesse, non poteva mancare il Taoismo, ultimamente sempre più citato e non sempre a proposito o con cognizione di causa. Chi volesse saperne qualcosa di più da una fonte affidabile può ricorrere senz'altro agli scritti di Giuseppe Tucci, che fu giornalista, scrittore, archeologo, esploratore ed Accademico d'Italia, oltre ad essere stato il più grande orientalista italiano del Novecento e fra i massimi tibetologi a livello internazionale.
Così, per intendere Lao-tze "occorre senza dubbio come prima cosa una certa affinità spirituale con il grande pensatore cinese, che renda possibile quella perfetta fusione coll'autore che nessun mezzo estrinseco e puramente filologico potrà mai provocare; ma è pure indispensabile non soltanto esser padroni della lingua in cui il Tao-te-king scritto, bensì anche non ignorarne le interpretazioni che gli indigeni ne hanno dato, avere una certa dimestichezza con la folla dei commentatori, e un'idea almeno delle forme assunte dal pensiero di Laotze e degli influssi da questo esercitati attraverso i secoli, sulla letteratura, sull'arte, sull'anima cinese insomma".
Nonostante sia trascorso quasi un secolo dalla sua prima pubblicazione, il saggio conserva ancora oggi una freschezza espositiva invidiabile, arricchita piuttosto che limitata da uno stile di scrittura e dall'impiego di vocaboli ed espressioni oggi meno comuni di allora. Pur non essendo un testo per specialisti, dalle pagine emergono con piena evidenza la finezza intellettuale, la profonda conoscenza e la padronanza degli strumenti filologici dell'Autore, che ben lungi da un rispetto accademico di facciata per cui “cane non morde cane”, non esita a fare piazza pulita di affermazioni e teorie, anche esposte da celebrati studiosi, che travisano e sfigurano il vero volto della metafisica estremo-orientale.
Primo paragrafo: Errerebbe chi vorrebbe trovare l'espressione più genuina del Taoismo nei riti spesso grossolani, nelle superstizioni volgari, negli usi magici che assorbono e costituiscono gran parte della vita religiosa del popolo cinese. Questo taoismo non ha maggiori rapporti col Taoismo primitivo di quello che non abbiano le credenze lamaistiche col Buddhismo di Çâkyamuni. E del resto questo fatto si spiega. Taoismo e Buddhismo nella loro essenza originaria furono formulazioni di pensamenti filosofici che, per un sempre più intimo contatto con la vita, si modificarono poco alla volta in sistemi religiosi, i quali tanto più tralignarono quanto più ampia ne fu la fortuna.
Ultimo paragrafo: I presupposti filosofici del taoismo non servono soltanto a soddisfare l'inesauribile curiosità dell'intelletto umano, ma a liberare il nostro animo da tutto ciò che è falso e vano, e a rendere possibile al nostro spirito quella serena beatitudine che costituisce l'agognata meta di tutta quanta la scuola.