Nelle arti marziali l'etichetta del Rei serve all'esercizio della condotta. Il rispetto di cui un discepolo da prova al Maestro inchinandosi silenziosamente, genera la facoltà di sviluppare la forza interiore attraverso il superamento di sé. Ma l'esercizio deve andare ben al di là della mera forma del Rei e portare alla vera comprensione del medesimo. Il saluto in sé senza una condotta adeguata non accresce la forza. Segue un esempio a titolo di chiarimento. Spesso accade che gli alunni a livello avanzato, e quindi con autocoscienza crescente, sfidino il proprio insegnante. Gli indicano degli errori e ne criticano la condotta. Non fanno tutto ciò con cattive intenzioni, bensì nella ferma convinzione di essere migliori e di aver ragione.
Sia vero o meno, così facendo violano l'etichetta del Budo, diventano altezzosi e in tal modo sviluppano un atteggiamento di debolezza. Persino se l'insegnante non è un Maestro di Budo o si sottomettono o se ne vanno. Se davvero fossero ciò che ritengono di essere, si lascerebbero guidare dall'etichetta e si inchinerebbero in silenzio. Con tale comportamento metterebbero in evidenza la verità perché il Rei è più forte dell'Io e l'insegnante impostore ci viene a rimettere la posizione. I praticanti del Dojo riconosceranno il Rei con il loro rispetto, perché esso è il livello più alto. Se invece è solo l'Io a lottare per i riconoscimenti, il combattimento è vano. Persino se vincono, verranno altri che attaccheranno ripetutamente. Solo la vera forza può resistere, ed essa non ha bisogno del sostegno dell'Io.
Se manca il Rei, non vi è forza. Se l'allievo impara ad inchinarsi davvero, ha raggiunto un livello elevato. Egli ha sconfitto il proprio falso Io ed ha acquisito una forte personalità. Fintantoché c'è l'Io in ballo, non si è in grado di riconoscere tutto ciò, l'Io è sempre alle prese con se stesso e decide sempre in funzione della propria immagine. In una tale costellazione la persona è portata ad assecondare ciò che è utile all'Io e rinnega ciò che danneggia l'Io. Per poter agire in modo idoneo, l'Io deve restare fuori gioco. Un vero insegnante riconosce l'allievo dal Rei. Il Rei implica un'intesa tacita. Tuttavia, fintantoché l'allievo è invischiato nel proprio Io, il suo Rei non ha la forza, consta solo di forma. È pieno di pretese, condizionamenti e dipendenze e per questo sempre inferiore e debole. Non è sgombro dalla presunzione, e quindi non si ha altro che sottomissione, una osservanza delle regole passive ovvero anche solo una manifestazione della speranza in una prossima trasformazione interiore.
Solo il Rei avulso dall'Io implica e comprende la forza. Il Rei dunque può coesistere con l'Io solo laddove si arriva sempre a compromessi reciproci. Ciò accade in un modo o nell'altro nei principianti, ma con i primi conseguimenti e progressi i compromessi diventano sempre più difficili perché le pretese interne aumentano. A quel punto il Rei e l'Io sono in aperto contrasto. Un discepolo a livello avanzato sa che il giusto Rei si genera in una personalità sgombra dall'Io. In essa il Rei acquista la sua forza.
(Tratto da “Budo – la Via spirituale delle Arti marziali” di W. Lind)