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La legittima difesa

7/2/2010

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Molti si avvicinano al mondo delle Arti Marziali spinti da un diffuso senso di insicurezza ed attirati da pubblicità ingannevoli ed al limite del truffaldino, che propagandano discipline che inse-nano a reagire ad un’aggressione in maniera violenta (si parla addirittura di sviluppare il “Killer instinct”!) e nettamente contraria a quanto prescritto dalla vigente legislazione. Senza la pretesa di volerci sostituire a giuristi ed avvocati ma con la speranza di fare un po’ di chiarezza su norme e leggi che possono, in caso di eventi malaugurati, cambiare per sempre la vita di ciascuno di noi, iniziamo col dire che la tutela della integrità fisica e patrimoniale del privato cittadino è riservata solo ed esclusivamente alle Forze dell’Ordine. Improvvisati “giustizieri della notte”, oltre a mettere a repentaglio la propria incolumità, contravvengono alle leggi vigenti e rischiano di trascorrere un bel po’ di tempo ospiti delle patrie galere. 

E’ ammessa, in alcuni casi, la “legittima difesa”, infatti, l’art. 2044 del Codice Civile recita: “Non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o di altri.” ma è bene però gettare uno sguardo anche sul Codice Penale, ed in particolare all’art. 52: “Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.” Come si vede, le cose cambiano, e non di poco! Chi si difende da una aggressione, infatti, non acquisisce automaticamente il diritto di reagire con la forza e senza alcun limite nei confronti dell’aggressore, ma deve invece essere consapevole che la sua difesa potrà essere ritenuta legittima se, e solo se, siano soddisfatti i seguenti requisiti: il pericolo deve essere attuale, quindi non passato (fuorilegge quindi vendette e spedizioni punitive) né futuro (vietato aggredire per paura di essere aggrediti).

Peraltro, l’attualità dell’aggressione non basta, poiché si deve verificare anche la condizione che chi si difende non abbia la possibilità di sfuggire all’aggressione (non si può sparare a qualcuno se siamo chiusi in casa) o non possa invocare o attendere l’intervento delle Forze dell’ordine. Occorre inoltre che l’offesa sia ingiusta, in altre parole leda un diritto proprio o altrui, e soprattutto, che la difesa sia proporzionata all’offesa, non essendo ammissibile, ad esempio, percuotere chi ci minaccia solo verbalmente.

Il tutto è riassunto nell’art. 54. c.p. Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Quindi, per essere legittima, la difesa deve essere “l’ultima spiaggia”, un’azione che è scelta quando l’alternativa al reagire è solo e solamente subire; chi quindi, forte del suo bagaglio tecnico acquisito in Dojo decida di metterlo alla prova pur potendo fuggire o invocare l’intervento della Forza Pubblica, commette un reato, e le conseguenze possono essere pesanti.

A partire dall’eventualità di essere denunciati per rissa (art. 588 c.p. – Rissa - Chiunque partecipa a una rissa è punito con la multa fino a lire seicentomila. Se nella rissa taluno rimane ucciso o riporta lesione personale, la pena, per il solo fatto della partecipazione alla rissa, è della reclusione da tre mesi a cinque anni. La stessa pena si applica se l’uccisione o la lesione personale, avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa.) la reazione eccessiva può, infatti, essere sanzionata ai sensi dell’art. 55. c.p. (Eccesso colposo - Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo).


L’impiego di tecniche di calcio e/o pugno, può inoltre comportare anche il ricorso all’art. 581 c.p. (Percosse. Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire seicentomila.) e se dalla ingiustificata azione difensiva il nostro aggressore riporta delle lesioni, si incorre nell’art. 582. (Lesione personale. Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni. Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non occorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell’ultima parte dell’articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa).

Oltre alle conseguenze penali, la persona aggredita che, a torto o a ragione, ha causato danni fisici all’aggressore, può incorrere anche in responsabilità di natura civilistica. Infatti, l’art. 2043. (Risarcimento per fatto illecito - Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.) può addirittura costringere colui che abbia ecceduto nella difesa a risarcire i danni al suo aggressore, pur con gli eventuali “sconti” previsti nell’art. 2045 c.c. (Stato di necessità - Quando chi ha compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, e il pericolo non è stato da lui volontariamente causato né era altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuta un’indennità la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice.) o nell’art. 2046 c.c. (Imputabilità del fatto dannoso - Non risponde delle conseguenze dal fatto dannoso chi non aveva la capacità d’intendere o di volere al momento in cui lo ha commesso, a meno che lo stato d’incapacità derivi da sua colpa.).

Lungi da noi voler fare del terrorismo psicologico o voler invitare i lettori ad un’estensiva applicazione del principio evangelico di “porgere l’altra guancia”; il nostro obiettivo è quello di illuminare una “zona d’ombra” tra Ragione e Torto che spesso viene colpevolmente trascurata, al fine di rendere ciascuno consapevole dei propri diritti e dei propri doveri, in modo da applicare sempre con consapevolezza e raziocinio le tecniche apprese durante la pratica.
1 Commento
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