http://www.francescocotti.it/la_giusta_decisione.htm
http://www.lulu.com/content/1173895
Era l’inizio del 2008 quando scrivevo le righe seguenti per raccontare la mia impressione sul romanzo di Francesco Cotti, “La giusta decisione”. A oltre quattro anni di distanza, e dopo aver riletto il libro qualche settimana fa, ho ritenuto opportuno riproporre questa modesta recensione, in attesa di pubblicare uella sul secondo romanzo di Francesco, “Futuro Ignoto”, che del primo è il seguito e l’ideale continuazione. Buona lettura!
Qualche mese ho salutato con entusiasmo l’uscita del romanzo di Francesco Cotti, l’ho fatto non perché sia un mio amico, non ci siamo praticamente mai visti di persona e ci siamo scambiati giusto qualche e-mail, ma piuttosto perché è una delle persone che stimo nell’ambito del panorama marziale italiano. Francesco è una persona “che sa”, e come tutte le persone che sanno veramente, offre il suo sapere senza falsa modestia e senza atteggiarsi a detentore di grandi segreti.
Passione è anche questo, scrivere non tanto o non solo perchè lo si “deve” ma anche perché lo si “sente”, ed infatti nel romanzo questa cosa si percepisce, lo stile cambia un po’ tra l’inizio e la fine del romanzo, segno inequivocabile che il racconto si è sviluppato come cosa “viva” e non come un qualcosa di freddo e impermeabile alle emozioni ed alla crescita dell’autore. Autore le cui passioni traspaiono chiaramente dal romanzo; dove chiunque altro avrebbe scritto: “l’agente di scorta impugnò la sua pistola” oppure “il soldato sparò con il fucile che aveva in dotazione”, Francesco descrive ogni arma con marca, modello e illustrazioni del modo di preparazione ed impiego ricche di minuzie e particolari che non appesantiscono il racconto ma che – viceversa – contribuiscono a far entrare il lettore ancor più nell’azione. Ancora, le tecnologie informatiche ed elettroniche sono descritte attraverso il lavoro/passione (aridaje...) di Saverio, il protagonista principale, che non è il classico nerd brufoloso ed un po’ sfigato a cui ci hanno abituato una serie di film da “War Games” in poi, ma piuttosto un classico prodotto social-lavorativo dei nostri anni, in cui una certa “precarietà” occupazionale diventa più che situazione subita, scelta personale consapevole.
Che questo romanzo non sia stato scritto dosando col misurino gli ingredienti prescritti nei manuali tipo “Le dieci regole per un racconto di successo” appare ancor più chiaro alla fine del racconto: niente scene di sesso, niente eroi senza macchia e senza paura che da soli fanno fuori una ventina di nemici, niente “happy end”, anzi... ciascuno dei protagonisti prende la sua “giusta decisione” che sembra più un lasciare che un ottenere, ed è qui che – ancora una volta – la passione salta fuori, non più come irrazionale spinta ad agire “costi quel che costi”, ma piuttosto come un qualcosa che – al momento giusto e senza rimpianti (o anche si) – deve essere lasciata alle spalle, come un paracadute dopo un ammaraggio.
Non voglio svelare la trama a chi il libro non l’ha ancora letto, ma confesso che mi aspettavo (e un po’ temevo...) che alla fine tutto sarebbe finito coi buoni che vincono ed i cattivi che prendono un sacco di legnate, ed invece – per certi aspetti – è quasi il contrario, ci sono “buoni” che muoiono, altri che ci vanno vicino, ci sono “buoni” che perdono d’un colpo amori, amicizia e quasi anche rapporti coi genitori, ci sono “buoni” che abbandonano una strada imboccata sputando sangue e sudore quando potrebbero comodamente restare dove sono; e ci sono “cattivi” che alla fine quasi ammiri per la loro coerenza, mai però fatta passare come una algida crudeltà alla Darth Vader, perchè anche i cattivi hanno paura, dubbi e magari qualche rimorso (almeno quelli che proprio cattivicattivicattivi non sono...).
Insomma, i buoni sono un po’ cattivi pur rimanendo buoni ed i cattivi un po’ sono buoni pur rimanendo cattivi, anche se è sempre chiaro che ciascuno fa la sua scelta di campo più o meno consapevolmente e prende la sua decisione (giusta o meno che poi si rivelerà...). E se la passione è presente nell’autore e nei protagonisti principali, non manca neppure nei comprimari, altrimenti come altro definire la molla che spinge gli spotter (non sapete cosa sono? Beh, neppure io, prima di leggere il libro...) a trascorrere notti all’addiaccio e ore mimetizzati per qualche secondo di fugace visione di un aereo in fase di decollo o atterraggio? Come altro chiamare quella che porta giornalisti a rischiare la carriera e la vita per inseguire una notizia? Come altro scusare la verve che impedisce di tacere su determinati argomenti (più “caldi” della mozzarella appena uscita dal forno) nei classici discorsi in pizzeria tra amici, pur sapendo ove si andrà a parare? Passione, una delle cose che ci distinguono dalle bestie forse, nel bene e nel male... e la passione, permettetemelo, è anche quella del sottoscritto, una passione che mi ha spinto a divorare questo libro in due giorni, complici lunghe ore trascorse in treno e nelle sale di aspetto di un paio di stazioni; una passione che riconosco subito, quando mi rendo conto che non riesco a “staccare” dalla lettura, che in alcuni passaggi del racconto socchiudo gli occhi visualizzandone lo svolgimento ed assaporando tratti somatici, timbri di voce, condizioni ambientali. Difetti? Si, certo... l’attesa tra l’ordine e la consegna del volume, ma visto il giro d’Europa che ha fatto l’ordine e il periodo di feste natalizie, è più che accettabile e qualche errore di battitura e grammaticale, il che testimonia quantomeno della “originalità” dello scritto e del fatto che anche correttori di bozze professionisti si sono fatti avvincere dalla trama, lasciando che la passione prendesse il sopravvento sul loro lavoro, piccole “imperfezioni” che non inficiano la lettura ma che, come recitano spesso le etichette attaccate a corredo di oggetti prodotti artigianalmente, “non sono difetti di produzione, ma testimoniano la produzione manuale ed individuale” di un capo di abbigliamento, un vaso di ceramica, un dolce o – nel nostro caso – un libro, nati dalla passione di chi con mani, cuore e cervello, offre al pubblico una parte di sé.