In base alla mia modesta esperienza, mi sento di affermare con ragionevole sicurezza che nell'Arte, come nella vita, valgono sempre gli stessi Principi universali. E così, absit iniura verbis, e senza sfociare nella ossessiva paranoia del Sgt. Hartman, considero le armi che impieghiamo nella pratica dell'Arte come "compagne di Via", che vanno trattate con la stessa cura ed attenzione che dedichiamo (o dovremmo dedicare...) alla persona in carne e ossa con cui condividiamo un pezzo della nostra vita.
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Chi ha qualche anno superato l’età adolescenziale, ricorderà che per imparare a scrivere sui banchi dell’asilo ha riempito pagine e pagine di quaderno con aste e pallini tracciati prima con mano malferma e poi via via più precisa; quegli strani segni servivano per tracciare altri segni più complicato chiamati “lettere”, che corrispondevano ad un suono ben preciso. Passati alle scuole elementari o medie si scopriva poi che le lettere avevano avuto origine da antichi alfabeti in cui rappresentavano simbolicamente animali, oggetti o altri componenti della realtà circostante. Ad un occidentale abituato ad un alfabeto fonetico e dimentico delle origini, potrà allora apparire senz’altro originale l’origine ideogrammatica dei caratteri sino-giapponesi, a volte composti da uno o due tratti, altre volte ricchi di ghirigori incomprensibili e impossibili da interpretare.
Ken Zen Ichi
(La Spada e lo Zen sono una cosa sola) Nel secolo XVI (1573 – 1645 il Maestro di Zen Takuan scrisse una famosa lettera al Maestro di scherma Yagyu Munedori, nella quale intendeva chiarire il collegamento tra la pratica della meditazione Zen e quella dell’Arte della spada. Il “Taikai”, come fu poi denominata quella lettera, conteneva come motivo centrale la frase “Ken Zen Ichi” che definisce la vera maestria nell’Arte della scherma quale stato di completa unità dell’uomo, raggiungibile solo attraverso la totale perfezione di Ri (stato dello spirito) e Waza (tecnica). In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti. Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!”. (Vangelo secondo Matteo 7,6.12-14) Con buona pace di chi la pensa diversamente, sono sempre più convinto che esista una Tradizione Universale e Perenne, che sotto apparenze magari cangianti, esprime però un nucleo di principi che rimangono uguali a sé stessi. (Ai piedi del faro c’è l’oscurità)
Viviamo in un epoca pericolosa. I metodi di manipolazione iper raffinati messi a punto dalla economia e dalla politica convincono la gente ad orientarsi all’egoismo, alla smania di consumo ed alle manie di grandezza, mascherando l’abisso di fronte al quale ci troviamo. Troppi sono i valori che vanno perduti; nella loro sfrenatezza, gli uomini dimenticano le antiche virtù e perdono la considerazione della vita. I giovani si trovano di fronte ad un mondo in preda a politici sconsiderati e industriali privi di scrupoli, animato da dubbie ideologie, tecnologie aggressive e valori fittizi, le cui scuole giustificano e foraggiano le condotte i vita paradossali del presente insegnando a massimizzare ulteriormente il profitto. Di questo passo si è arrivati che sono in molti a non sapere più cosa conta veramente nella vita. Le istituzioni sociali spacciano i più bassi istinti per virtù e giustificano ogni mezzo che assicuri profitto. Parlando di pratica praticata, è il caso di sottolineare l’importanza che i Maestri hanno per noi allievi: un maestro è simile a una guida di alta montagna, che deve condurre una cordata fin sulla cima. Si tratta di una grande responsabilità che richiede molta disciplina. Durante la salita, la guida non può fermarsi lungo il percorso per chiacchierare con le persone che sta guidando, sorridere o dar loro delle pacche sulle spalle per farle contente. Deve invece tenere gli occhi fissi alla meta ed andare dritto verso di essa.
Fa parte della natura umana partire dal presupposto che la propria opinione sia esatta e, anche conoscendo in modo superficiale le questioni altrui, voler dettare cosa è giusto e cosa è sbagliato. Questo è un comportamento ingenuo. E già abbastanza difficile trovare la verità in se stessi. Tutte ciò che va al di là di questo necessita di un esercizio intenso ed è assolutamente impossibile senza un previo stato avanzato di maturità. Lo spirito concentrato in una specializzazione perde di vista i nessi più grandi. Siccome però la tecnica moderna apprezza molto di più lo specialista concentrato su un ambito sconosciuto rispetto all'uomo che è maturato nella vita, la persona inadeguata ma altamente specializzata viene ad essere sempre più spacciata per modello da seguire. Tuttavia ovunque questa persona venga ad operare al di fuori del proprio ambito sorgono degli equivoci. (Traduzione ed adattamento di “The Truth About The Hakama Revealed! Or: Stability Is Everything!” di Nev Sagiba) Nev Sagiba, l’autore di questo articolo, è uno dei più originali collaboratori di Aikido Journal. Ogni suo articolo si distingue per esporre tesi al limite del paradossale e sicuramente le sue opinioni non sono mai banali o scontate. Come tutte le opinioni, anche quelle di Nev Sagiba sono opinabili e non rappresentano certo la “verità rivelata", ma proprio per questo è interessante conoscerle e accettare lo stimolo a mettersi in discussione e ad osservare le nostre convinzioni da un nuovo ed originale punto di vista (NdR). L’hakama non è una icona religiosa! L’hakama non ha nulla a che fare con il grado Dan! L’hakama non è una gonna! L’hakama può essere con stoffe di ogni colore, unico o con combinazioni diverse e tanto altro... L’estetica e la spiritualità dell’oriente trovano un singolare punto d’incontro in due vie apparentemente disgiunte: il pennello e la spada. La prima, nota come “shodo”, è una metafora del pensiero zen: una volta che il pennello ha toccato la carta, l’inchiostro non può essere recuperato ne cancellato, ed ogni tentativo di mascherare l’incertezza sarà irrimediabilmente visibile ad opera finita. Il calligrafo, attraverso un solo gesto, ha un'unica possibilità di comunicare il suo sentire: traccia la sua volontà sulla carta, metafora stessa della vita che come tale, ha un’unica possibilità di essere vissuta. Giuseppe Fino, “La Spada Giapponese” Edizioni Sanno-Kai, 1998, 96 pagine, 12 euro La spada è uno dei tre emblemi del Divino che Ninigi, nipote della dea del Sole Amaterasu, scendendo dal Cielo porta con sé sulla Terra. In quanto simbolo del potere regale e della casta dei samurai, nel Giappone tradizionale essa viene sentita e considerata come l'anima del guerriero (bushi) e perfino, in alcune occasioni, come un vero e proprio kami, per la sua caratteristica di togliere o salvare la vita. Alla spada giapponese, alle sue peculiarità costruttive, alla sua micidiale efficacia ed all’ampio simbolismo ad essa correlato sono stati dedicati moltissimi libri, saggi e pubblicazioni. |
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Marzo 2017
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