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Benvenuto nel Seishin Dojo!
Gentile visitatore, questo è il tatami virtuale del Seishin Dojo e della A.S.D. "Fenice Rossa" di Grottaglie (Taranto). Pur essendo un luogo virtuale è richiesto e gradito lo stesso rispetto delle regole di etichetta vigenti in un Dojo reale.
Per spiegare meglio chi siamo e cosa facciamo, riteniamo opportuno cominciare a spiegare cosa significa il nome che abbiamo scelto.
“Seishin” è un termine composto da due kanji (ideogrammi dell’alfabeto giapponese) ed anche in questo caso, come in ogni occasione in cui si deve tradurre da una lingua ideogrammatica come il giapponese in una lingua alfabetica come l'italiano, s'impone una precisazione di fondo. Lo stesso ideogramma può avere pronunce e significati assai diversi, così come la stesso “suono/parola/fonema” può essere scritto con più ideogrammi dal diverso significato. Inoltre, lo stesso ideogramma possiede una vastità di significati intrinseci alla struttura simbolica dell'ideogramma stesso tale da rendere impossibile trovare un'unica parola o perifrasi in grado di renderli pienamente tutti.
Fatta questa doverosa premessa, continuiamo col dire che nel nostro caso, gli ideogrammi che compongono il nome “Seishin” possono rispettivamente tradursi come:
“Raffinato, energia, vitalità, eccellenza, purezza, abilità, fata, fantasma” (Sei)
e
“Divinità, mente, anima” (Shin)
Dojo è invece un termine giapponese che significa etimologicamente luogo (jō) dove si segue la via (dō). In origine il termine, ereditato dalla tradizione buddhista cinese, indicava il luogo in cui il Buddha ottenne il risveglio e per estensione i luoghi deputati alla pratica religiosa nei templi buddhisti. Il termine venne poi adottato nel mondo militare e nella pratica del Bujutsu, che durante il periodo Tokugawa fu influenzata dalla tradizione Zen, perciò è a tutt'oggi diffuso nell'ambiente delle arti marziali. Nel budō (la Via del guerriero) è lo spazio in cui si svolge l'allenamento ma è anche simbolo della profondità del rapporto che il praticante instaura con l'arte marziale; tale ultimo aspetto è proprio della cultura buddhista cinese e giapponese, che individua il dojo quale luogo dell'isolamento e della meditazione. I dojo erano spesso piccoli locali situati nelle vicinanza di un tempio o di un castello, ai margini delle foreste, perché i segreti delle tecniche venissero più facilmente preservati. Con la diffusione delle arti marziali sorsero numerosi dojo che venivano in molti casi considerati da maestri e praticanti una seconda casa; abbelliti con lavori di calligrafia e oggetti artistici preparati dagli stessi allievi, essi esprimevano appieno l'atmosfera di dignità che vi regnava; talvolta su di una parete veniva posto uno scrigno, simbolo che il dojo era dedicato ai più alti valori e alle virtù del Do, non soltanto all'esercizio fisico. In altri dojo si trovavano gli altari detti kamiza (sede degli Dei), riferiti non a divinità ma al ricordo di un grande maestro defunto. Il dojo rappresenta un luogo di meditazione, concentrazione, apprendimento, amicizia e rispetto, è il simbolo della Via dell'arte marziale. In Occidente questo termine viene impropriamente tradotto in “palestra” ed inteso unicamente come spazio per l'allenamento, mentre nella cultura orientale il dojo è il luogo nel quale si può raggiungere, seguendo la Via, la perfetta unità tra zen (mente) e ken (corpo) e, quindi, il perfetto equilibrio psicofisico, massima realizzazione della propria individualità.
Riassumendo, “Seishin Dojo” può essere tradotto come “Luogo dove si pratica il metodo di raffinazione della mente per ottenere la purezza dell’anima”; un nome certo ambizioso e che forse può apparire venato di presunzione, ma che riteniamo rappresenti al meglio lo scopo della nostra pratica.
Per spiegare meglio chi siamo e cosa facciamo, riteniamo opportuno cominciare a spiegare cosa significa il nome che abbiamo scelto.
“Seishin” è un termine composto da due kanji (ideogrammi dell’alfabeto giapponese) ed anche in questo caso, come in ogni occasione in cui si deve tradurre da una lingua ideogrammatica come il giapponese in una lingua alfabetica come l'italiano, s'impone una precisazione di fondo. Lo stesso ideogramma può avere pronunce e significati assai diversi, così come la stesso “suono/parola/fonema” può essere scritto con più ideogrammi dal diverso significato. Inoltre, lo stesso ideogramma possiede una vastità di significati intrinseci alla struttura simbolica dell'ideogramma stesso tale da rendere impossibile trovare un'unica parola o perifrasi in grado di renderli pienamente tutti.
Fatta questa doverosa premessa, continuiamo col dire che nel nostro caso, gli ideogrammi che compongono il nome “Seishin” possono rispettivamente tradursi come:
“Raffinato, energia, vitalità, eccellenza, purezza, abilità, fata, fantasma” (Sei)
e
“Divinità, mente, anima” (Shin)
Dojo è invece un termine giapponese che significa etimologicamente luogo (jō) dove si segue la via (dō). In origine il termine, ereditato dalla tradizione buddhista cinese, indicava il luogo in cui il Buddha ottenne il risveglio e per estensione i luoghi deputati alla pratica religiosa nei templi buddhisti. Il termine venne poi adottato nel mondo militare e nella pratica del Bujutsu, che durante il periodo Tokugawa fu influenzata dalla tradizione Zen, perciò è a tutt'oggi diffuso nell'ambiente delle arti marziali. Nel budō (la Via del guerriero) è lo spazio in cui si svolge l'allenamento ma è anche simbolo della profondità del rapporto che il praticante instaura con l'arte marziale; tale ultimo aspetto è proprio della cultura buddhista cinese e giapponese, che individua il dojo quale luogo dell'isolamento e della meditazione. I dojo erano spesso piccoli locali situati nelle vicinanza di un tempio o di un castello, ai margini delle foreste, perché i segreti delle tecniche venissero più facilmente preservati. Con la diffusione delle arti marziali sorsero numerosi dojo che venivano in molti casi considerati da maestri e praticanti una seconda casa; abbelliti con lavori di calligrafia e oggetti artistici preparati dagli stessi allievi, essi esprimevano appieno l'atmosfera di dignità che vi regnava; talvolta su di una parete veniva posto uno scrigno, simbolo che il dojo era dedicato ai più alti valori e alle virtù del Do, non soltanto all'esercizio fisico. In altri dojo si trovavano gli altari detti kamiza (sede degli Dei), riferiti non a divinità ma al ricordo di un grande maestro defunto. Il dojo rappresenta un luogo di meditazione, concentrazione, apprendimento, amicizia e rispetto, è il simbolo della Via dell'arte marziale. In Occidente questo termine viene impropriamente tradotto in “palestra” ed inteso unicamente come spazio per l'allenamento, mentre nella cultura orientale il dojo è il luogo nel quale si può raggiungere, seguendo la Via, la perfetta unità tra zen (mente) e ken (corpo) e, quindi, il perfetto equilibrio psicofisico, massima realizzazione della propria individualità.
Riassumendo, “Seishin Dojo” può essere tradotto come “Luogo dove si pratica il metodo di raffinazione della mente per ottenere la purezza dell’anima”; un nome certo ambizioso e che forse può apparire venato di presunzione, ma che riteniamo rappresenti al meglio lo scopo della nostra pratica.
“Fenice rossa”: il perché di un nome
Gli antichi latini esprimevano l’importanza del nome con il motto “nomen omen”, ovvero uno è quello che il nome significa. Per questo motivo i nomi propri di persona, di città e di interi popoli, quasi sempre richiamavano e richiamano, in maniera più o meno evidente, qualità quali forza, coraggio, fortuna, fedeltà, ecc. e non di rado – in molte civiltà – il vero nome non solo di una persona, ma anche di un luogo – veniva rivelato solo alle persone fidate, poiché si riteneva che “possedere” il vero nome di una persona o di una città significasse avere su questo un potere enorme.
Così, la scelta del nome della nostra associazione è stata oggetto e motivo di riflessione e confronto, alla ricerca di un appellativo che ne esprimesse al meglio lo spirito, la storia e il carattere. Alla fine la scelta è caduta su “Fenice rossa” sostanzialmente per due motivi: uno “tecnico” ed uno più personale.
Innanzi tutto, trattandosi di una associazione che ha come scopo lo studio, la pratica e la conoscenza di discipline legate al mondo orientale ed alla Cina ed al Giappone in particolare, è sembrato opportuno orientare la scelta su un simbolo che con questo mondo avesse un legame forte ed evidente.
Nella astrologia cinese le ventotto costellazioni attraversate dalla Luna durante la sua rivoluzione dividono la sfera celeste in quattro quartieri, ognuno dei quali è protetto da un guardiano: a sud troviamo la Fenice Rossa, a Nord troviamo la Tartaruga Nera, a est troviamo il Drago Verde e a Ovest la Tigre Bianca.
Noi siamo in Puglia, il sud dell’Italia, e viste anche le peculiarità della nostra associazione, nessuna scelta ci è sembrata più adatta della Fenice rossa. Uccello mitico e immortale, la Fenice rossa rappresenta il Grande Yang, l'energia dell'elemento Fuoco il quale, a sua volta, rappresenta la forza creatrice dello spirito ed il risveglio dopo l'illuminazione. La fenice vola lontano, diritta davanti a sé ed è sempre intenta a scrutare il paesaggio e lo spazio più distante. Rappresenta la nostra capacità visiva e tramite i sensi raccoglie ogni informazione sull'ambiente circostante e sui fatti che si verificano. La fenice con la sua splendida bellezza suscita sensazioni intense e ispirazioni immortali. Questo animale è la rappresentazione mitologica dell'estate: in questa stagione i nostri sensi sono più acuti, le giornate sono più lunghe e siamo più aperti verso l'esterno e gli altri e così la fenice suggerisce di guardare lontano e di sollevarci al di sopra delle piccolezze quotidiane e ci sprona ad "innalzarci" sopra le faccende spicciole di tutti i giorni e chiarire le nostre relazioni guardandole con occhi nuovi e più attenti, una caratteristica – questa ultima – che si collega evidentemente anche con il significato del nome del nostro Dojo, come descritto nella pagina iniziale del sito.
Passando alle motivazioni più personali, questa associazione “nasce” sulla base delle passate esperienze di un gruppo di praticanti di cui ho avuto l’onore ed il piacere di fare parte, un gruppo con cui ho cominciato il mio cammino marziale guidato dall’amico e Maestro Pino Casale, a cui devo non solo la tecnica, ma soprattutto l’esempio di insegnare prima di tutto col “cuore”. Questo gruppo, per le normali vicissitudini della vita legate a lavoro e famiglia, si è nel tempo un po’ disperso e disgregato, con una pratica che si è spostata in altri luoghi fisici rispetto a quello originario, arrivando a stabilire il tatami anche in altre città. Poi, per i casi della vita che credo che casi non siano, si è presentata la possibilità di tornare in quella sala dove per me – e non solo per me – tutto ebbe inizio; ho avuto la responsabilità di raccogliere fisicamente e spiritualmente l’eredità lasciatami da Pino sensei, di far rinascere a nuova vita il Dojo lì dove lui lo aveva fondato, di ritrovare sul tatami - dopo anni - Ciro e Cosimo, i sempai, che mi avevano aiutato nei miei primi passi sulla Via.
Un Dojo che rinasce, non solo come luogo fisico, ma soprattutto come comunità di intenti uniti da uno spirito comune. Ovviamente, non tutto è stato ed è facile, vi sono stati momenti in cui il tatami era troppo piccolo per contenere tutti ed altri in cui ero solo con un allievo, e altre volte in cui anche quell’unico collega di pratica era assente. Oggi il Dojo procede la sua vita, alcuni se ne allontanano, a volte per sempre, altre volte solo provvisoriamente mentre nuovi praticanti si aggiungono sullo shimoza contribuendo ciascuno a suo modo a far rinascere ed a mantenere vivo il Dojo. La fenice è rinata dalle sue ceneri e vola alta nel cielo, testimoniando di un sogno più forte delle avversità che vorrebbero tarparle le ali.
Così, la scelta del nome della nostra associazione è stata oggetto e motivo di riflessione e confronto, alla ricerca di un appellativo che ne esprimesse al meglio lo spirito, la storia e il carattere. Alla fine la scelta è caduta su “Fenice rossa” sostanzialmente per due motivi: uno “tecnico” ed uno più personale.
Innanzi tutto, trattandosi di una associazione che ha come scopo lo studio, la pratica e la conoscenza di discipline legate al mondo orientale ed alla Cina ed al Giappone in particolare, è sembrato opportuno orientare la scelta su un simbolo che con questo mondo avesse un legame forte ed evidente.
Nella astrologia cinese le ventotto costellazioni attraversate dalla Luna durante la sua rivoluzione dividono la sfera celeste in quattro quartieri, ognuno dei quali è protetto da un guardiano: a sud troviamo la Fenice Rossa, a Nord troviamo la Tartaruga Nera, a est troviamo il Drago Verde e a Ovest la Tigre Bianca.
Noi siamo in Puglia, il sud dell’Italia, e viste anche le peculiarità della nostra associazione, nessuna scelta ci è sembrata più adatta della Fenice rossa. Uccello mitico e immortale, la Fenice rossa rappresenta il Grande Yang, l'energia dell'elemento Fuoco il quale, a sua volta, rappresenta la forza creatrice dello spirito ed il risveglio dopo l'illuminazione. La fenice vola lontano, diritta davanti a sé ed è sempre intenta a scrutare il paesaggio e lo spazio più distante. Rappresenta la nostra capacità visiva e tramite i sensi raccoglie ogni informazione sull'ambiente circostante e sui fatti che si verificano. La fenice con la sua splendida bellezza suscita sensazioni intense e ispirazioni immortali. Questo animale è la rappresentazione mitologica dell'estate: in questa stagione i nostri sensi sono più acuti, le giornate sono più lunghe e siamo più aperti verso l'esterno e gli altri e così la fenice suggerisce di guardare lontano e di sollevarci al di sopra delle piccolezze quotidiane e ci sprona ad "innalzarci" sopra le faccende spicciole di tutti i giorni e chiarire le nostre relazioni guardandole con occhi nuovi e più attenti, una caratteristica – questa ultima – che si collega evidentemente anche con il significato del nome del nostro Dojo, come descritto nella pagina iniziale del sito.
Passando alle motivazioni più personali, questa associazione “nasce” sulla base delle passate esperienze di un gruppo di praticanti di cui ho avuto l’onore ed il piacere di fare parte, un gruppo con cui ho cominciato il mio cammino marziale guidato dall’amico e Maestro Pino Casale, a cui devo non solo la tecnica, ma soprattutto l’esempio di insegnare prima di tutto col “cuore”. Questo gruppo, per le normali vicissitudini della vita legate a lavoro e famiglia, si è nel tempo un po’ disperso e disgregato, con una pratica che si è spostata in altri luoghi fisici rispetto a quello originario, arrivando a stabilire il tatami anche in altre città. Poi, per i casi della vita che credo che casi non siano, si è presentata la possibilità di tornare in quella sala dove per me – e non solo per me – tutto ebbe inizio; ho avuto la responsabilità di raccogliere fisicamente e spiritualmente l’eredità lasciatami da Pino sensei, di far rinascere a nuova vita il Dojo lì dove lui lo aveva fondato, di ritrovare sul tatami - dopo anni - Ciro e Cosimo, i sempai, che mi avevano aiutato nei miei primi passi sulla Via.
Un Dojo che rinasce, non solo come luogo fisico, ma soprattutto come comunità di intenti uniti da uno spirito comune. Ovviamente, non tutto è stato ed è facile, vi sono stati momenti in cui il tatami era troppo piccolo per contenere tutti ed altri in cui ero solo con un allievo, e altre volte in cui anche quell’unico collega di pratica era assente. Oggi il Dojo procede la sua vita, alcuni se ne allontanano, a volte per sempre, altre volte solo provvisoriamente mentre nuovi praticanti si aggiungono sullo shimoza contribuendo ciascuno a suo modo a far rinascere ed a mantenere vivo il Dojo. La fenice è rinata dalle sue ceneri e vola alta nel cielo, testimoniando di un sogno più forte delle avversità che vorrebbero tarparle le ali.
Tutto avviene quando è giusto che avvenga, a volte è l’attesa la capacità più difficile da sviluppare, ma chi pratica un’Arte – marziale o no che sia – impara presto che il Tempo non si piega alla Volontà presuntuosa ma guarda di buon occhio la paziente dedizione e così, dopo non mesi ma anni in cui il nostro Dojo e la nostra Associazione si sono fregiati di una immagine provvisoria e casuale, sulla nostra Via è giunto Andrea, fratello di pratica il cui cuore è pari alla perizia tecnica, a lui abbiamo chiesto aiuto per realizzare una immagine che rappresentasse lo spirito della nostra associazione e lui, grazie alla sua singolare capacità di cogliere l’ineffabile, ha dato vita a quella immagine che da oggi caratterizzerà il nostro gruppo. Il disegno di Andrea non è solo “tecnicamente” bello, è soprattutto un opera che al primo sguardo mi ha fatto dire: “è lei!” ed è di questa capacità di emozionarmi, oltre che del tempo che ci ha pazientemente dedicato, che ringrazio Andrea con le poche e semplici parole che sono capace di esprimere.
Questa è in breve la nostra storia, ed è un monito – a me stesso prima che agli allievi – a guardare con umiltà, gratitudine e rispetto non solo il nome ed il simbolo della associazione e del Dojo, ma soprattutto quello che rappresenta, ricordando sempre che siamo sulla Via grazie a chi l’ha percorsa prima di noi e per aiutare un giorno, chi dopo di noi verrà.
Per avere informazioni aggiornate su come raggiungerci, e sui giorni ed orari di pratica, potete mandare una email a: [email protected] oppure telefonare al 347-8900262 (Carlo)