Capita sovente di leggere ed ascoltare discussioni in cui gli interlocutori mettono in discussione il sistema di esame e concessione dei gradi tecnici in vigore nelle Scuole di Arti marziali praticate e nelle Federazioni ed associazioni che ne sono la loro necessaria propaggine burocratica amministrativa. Facciamo subito piazza pulita spiegando che dal novero della discussione sono esclusi gli accaparratori di gradi con specializzazione nel salto della federazione, i clonatori più abili con scanner e fotoritocco che con keikogi e hakama, i Soke-fondatori autonominati dalle origini fumose e quelli che in un fine settimane affermano di aver imparato (e di poter insegnare…) un menkyo kaiden. Rimangono in pochi, forse, ma comunque abbastanza per poter costituire un campione statistico, sono quelli che – come me – sono afflitti da tanti difetti ma non dal feticismo da diploma.
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Fatte salve le comprensibili necessità pratiche della struttura fisica che lo ospita, un Dojo non ha porta. Ciò non significa, come alcuni purtroppo credono, che da un Dojo si possa entrare o uscire come e quando ci aggrada, incuranti delle attività che sono in corso, ma piuttosto che nessuno dovrebbe essere obbligato all’ingresso o all’uscita contro la volontà propria o altrui.
Fare il primo passo dopo la soglia dell’ingresso è – ovviamente – tutt’altro che esservi accettati, così come si può essere distanti da un Dojo per anni e chilometri, senza esserne in realtà mai usciti. |
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Marzo 2017
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