Mostrare agli altri, dimostrare a sé stessi (ovvero: perché facciamo quello che facciamo?)12/20/2015 Stamattina alcuni praticanti del nostro Dojo hanno partecipato ad un evento pubblico che vedeva la presenza di molte altre discipline marziali e sportive; un momento prezioso per confrontarsi con gli altri ma anche con sé stessi, a mio avviso. Al termine di qualche ora di pratica condivisa, non posso che essere contento di aver speso così questa mattinata, e questo per una serie di motivi personali, ma che vorrei condividere con la speranza di stimolare ulteriori riflessioni in chi leggerà queste note. Premetto subito che sarei stato felice se la partecipazione del nostro Dojo fosse stata più numerosa; gli assenti avevano certamente un valido motivo per non esserci e non voglio assolutamente farli sentire “colpevoli” per questo; spero di tutto cuore che il tempo speso da loro in altri impegni sia stato tanto proficuo quanto è stato per me. La prima riflessione che faccio e che vorrei che anche gli altri facessero è proprio questa; chiedersi, sinceramente e onestamente, perché si è voluti essere presenti e perché invece si è deciso di non esserci; la risposta è dovuta solamente a sé stessi e – per quanto mi riguarda – è illuminante nel chiarirsi sugli obbiettivi e sulle motivazioni della pratica in Dojo. Ripeto e ribadisco, nessuno si senta accusato di “alto tradimento” per la assenza perché so che ognuno riteneva di avere validissimi motivi per non esserci; la riflessione dovrebbe essere più generale e complessiva, e posso assicurare che più a disagio ci si sentirà nell’affrontarla e più utile questa sarà alla fine, il che è poi vero per qualunque pratica si affronti. Valga a confermare questo invito all’analisi la consapevolezza che di ogni situazione dobbiamo saper cogliere tanto il lato evidentemente “omote” che quello più “ura” più nascosto, il luminoso “yang” e l’oscuro “Yin”, l’apparente punta dell’iceberg che spunta dal mare e la ben più corposa massa subacquea che permette a quella superiore di apparire: ad osservare la nostra esibizione c’erano – tra gli altri – un allievo praticante di Aikido ed un altro praticante di Tai Chi Chuan e Pa Kua: entrambi hanno visto la stessa cosa, ma ciascuno ha tratto dall’osservazione riflessioni diverse in base alla propria esperienza.
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