Chiariamo subito, intanto, che quando partiamo di “armi”, ci riferiamo a quelle realizzate in legno ed impiegate tradizionalmente nella pratica delle nostre arti, ovvero il tanto o tanken (coltello), bokken (spada lunga), wakizashi (spada corta), jo (bastone). L'utilizzo delle armi nella pratica delle nostre Arti deriva principalmente da due motivi: uno tradizionale ed uno pratico-didattico.
Ma pur accettando questo doveroso tributo alla tradizione, molti allievi storcono il naso davanti alla pratica con le armi; chi si avvicina alle Arti marziali per imparare delle tecniche di autodifesa obbietta che ben difficilmente si troverà a doversi difendere da qualcuno armato di bastone o di spada e che quindi studiare le tecniche che prevedono queste eventualità è, nel migliore dei casi, una perdita di tempo. Qui entra in gioco il secondo, e più importante motivo: quello pratico didattico. Sia il Daito Ryu che l’Aikido prevedono l’allenamento con le armi perché è tramite la pratica con il bastone e la spada che si migliora la comprensione e la esecuzione delle tecniche a mani nude.
L’importanza del ma-ai (giusta distanza), delle evazioni e degli spostamenti emergono in maniera assai più visibile nella applicazione contro un attacco armato e questo si rivela quindi un prezioso metodo di apprendimento perchè attraverso gli spostamenti del corpo ed i cambi di profilo, permette di mettere in relazione mani e piedi. Inoltre, tenendo un'arma tra le mani il praticante (sia esso un principiante o un esperto) può visualizzare il prolungamento del proprio Ki che dall’Hara si espande alle mani, alla punta dell'arma stessa e oltre. Per questo motivo è consigliabile un graduale uso delle armi nel dojo, lo studio della spada è l'elevazione della percezione, perchè le tecniche eseguite con la spada di legno non offrono sufficienti margini di errore entro i quali poter correggere il tempo di entrata o la postura.
I principi che animano il bokken impongono nella pratica il giusto profilo, nel giusto tempo tecnico e con un giusto atteggiamento mentale. Non si contrasta l'attacco ma ci si volge direttamente al centro, nel vuoto che l'attacco ha creato, inserendo la parte di lama chiamata monouchi. Ed è questo vuoto il reale obiettivo della bokken, simulacro della più famosa katana.
L'utilizzo del jo è ancora più complesso: è un'arma molto lunga e può essere usata nella sua completezza (non esistono impugnature, lato tagliente e punta) e di tutta la sua superficie, dal punto di vista offensivo, vengono considerate ai fini dell'attacco le due estremità. Anche il jo ha l'obiettivo di entrare in contatto con il centro di uke e di proseguire con movimenti di penetrazione e questo il praticante lo realizza soprattutto attraverso i subu-ri e i kata che lungi dall’essere una ripetitiva e noiosa esecuzione di movimenti fini a se’ stessi, sono invece l’indispensabile allenamento che consente al praticante di poter familiarizzare con l’arma e sentire fluire l'energia attraverso la sua arma che deve diventare parte del suo corpo.