Mercoledì sera, una lunga giornata in mezzo ad una lunghissima settimana si conclude con un piacevole appuntamento, l’allenamento congiunto con gli allievi tarantini di Francesco Corona, Dojo Cho che mi ha fatto il piacere e l’onore di voler condividere questa esperienza di pratica comune. Giungo sul tatami con due soli dispiaceri, la recente scomparsa del M° De Compadri e la quasi totale assenza degli allievi del Dojo di Grottaglie, situazione che soprattutto nel secondo caso mi mette in imbarazzo col “padrone di casa” ma – tant’è, tra impegni di lavoro e timidezze congenite.
Saliti sul tatami, Franco sensei mi indica con un sorriso ed un gesto della mano il kamiza e mi invita a dirigere la lezione; in casi come questi, non ritengo quasi mai opportuno impostare l’allenamento su tecniche di base, per due motivi: non conoscendo la didattica dell’insegnante “titolare” si rischia di creare confusione, dubbi e perplessità negli allievi meno esperti e – soprattutto – trattandosi di un allenamento “extra-curriculare” credo sia sempre più interessante caratterizzarlo, nei limiti del possibile, come un qualcosa di diverso dalla normale lezione.
Saliti sul tatami, Franco sensei mi indica con un sorriso ed un gesto della mano il kamiza e mi invita a dirigere la lezione; in casi come questi, non ritengo quasi mai opportuno impostare l’allenamento su tecniche di base, per due motivi: non conoscendo la didattica dell’insegnante “titolare” si rischia di creare confusione, dubbi e perplessità negli allievi meno esperti e – soprattutto – trattandosi di un allenamento “extra-curriculare” credo sia sempre più interessante caratterizzarlo, nei limiti del possibile, come un qualcosa di diverso dalla normale lezione.
Il tema scelto è stata la pratica di alcune kaeshi waza sul katate-dori tai no henko, ovvero variazioni ed applicazioni di tecniche su quello che è l’esercizio con cui cominciano tutte le nostre sedute d’allenamento, e questo per una serie di motivi. Il primo – diciamo “tecnico” - è quello di evidenziare l’importanza di questo fondamentale esercizio, mostrarlo non come qualcosa di fine a sé stesso ma come possibile punto di partenza per ulteriori sviluppi. Il secondo motivo, diciamo “emotivo” – è quello di lavorare su un cambio di ruoli nell’azione della tecnica, tori diventa uke, uke diventa tori, un lavoro di “resettaggio” non sempre facile e spontaneo, e proprio per questo importante, specie se agito in maniera “fluida” e armonizzata col partner. Il terzo motivo è quello in cui la tecnica con cui comincia ogni allenamento diventa la base per praticare applicazioni “avanzate” in una sorta di uroboro marziale in cui la fine si nutre dell’inizio e viceversa.
Davvero interessante l’approccio di mudansha e yudansha, i primi mai frenati dalla loro poca esperienza, i secondi mai orgogliosi della loro consolidata competenza tecnica, ciascuno ha lavorato serenamente e con impegno, andando ben oltre la mera esecuzione formale della tecnica e cogliendo – a seconda delle proprie possibilità – anche quello che c’è sotto.
Abbiamo praticato per più di un’ora e mezza mettendoci in discussione ed alla prova, guardando tecniche conosciute sotto una luce nuova e – credo e spero – divertendoci e imparando tutti qualcosa. La serata è stata dedicata alla memoria del M° De Compadri, a cui è andato il commosso ricordo di chi lo aveva conosciuto e si è conclusa con la rituale foto di gruppo e la sincera speranza di ripetere al più presto questa esperienza.
Da parte mia, un rinnovato grazie a Franco Corona, ottimo insegnante con cui è sempre un piacere collaborare, a Giuseppe Scarnera, il cui entusiasmo e determinazione sono un propellente formidabile per la pratica, ed a tutti i praticanti ed allievi del Dojo di Taranto, che hanno sopportato con pazienza le mie spiegazioni.
Domo arigato!
Davvero interessante l’approccio di mudansha e yudansha, i primi mai frenati dalla loro poca esperienza, i secondi mai orgogliosi della loro consolidata competenza tecnica, ciascuno ha lavorato serenamente e con impegno, andando ben oltre la mera esecuzione formale della tecnica e cogliendo – a seconda delle proprie possibilità – anche quello che c’è sotto.
Abbiamo praticato per più di un’ora e mezza mettendoci in discussione ed alla prova, guardando tecniche conosciute sotto una luce nuova e – credo e spero – divertendoci e imparando tutti qualcosa. La serata è stata dedicata alla memoria del M° De Compadri, a cui è andato il commosso ricordo di chi lo aveva conosciuto e si è conclusa con la rituale foto di gruppo e la sincera speranza di ripetere al più presto questa esperienza.
Da parte mia, un rinnovato grazie a Franco Corona, ottimo insegnante con cui è sempre un piacere collaborare, a Giuseppe Scarnera, il cui entusiasmo e determinazione sono un propellente formidabile per la pratica, ed a tutti i praticanti ed allievi del Dojo di Taranto, che hanno sopportato con pazienza le mie spiegazioni.
Domo arigato!