Mettere degli appartenenti ad una associazione di volontariato che si occupa di “protezione Civile” (con tutte le virgolette del caso….) a svolgere compiti di gestione di una manifestazione pubblica e – peggio mi sento! – di ordine pubblico, è da incoscienti ancora prima che da incapaci. Non basta un giubbotto rifrangente, una ricetrasmittente con auricolare e qualche patch multicolore per sapere come gestire centinaia di persone ammassate, come regolare l’afflusso ed il deflusso delle persone tra cui ci sono anziani a ridotta mobilità, disabili in carrozzella e genitori con i bambini in braccio.
Aggiungiamoci poi che c’è sempre l’arrogante capetto di turno, quello che approfitta della briciola di potere concessagli per sentirsi come il Padreterno nel giorno del Giudizio Universale, che divide i Buoni da una parte ed i Cattivi dall’altra, senza sapere che – se non si è Pubblici Ufficiali o incaricati di pubblico servizio, spintonare e mettere le mani addosso alle persone può portare dritti-dritti nelle aule di un tribunale, anche se si sta difendendo con le unghie e con i denti l’illibatezza del tappeto su cui per primo deve posare i piedi l’arcivescovo.
Per fortuna il palcoscenico della Vita offre una vasta gamma di spettacoli, e quando fortunatamente non va in scena la Tragedia, a deliziare gli spettatori attenti ci sono Farsa e Commedia; accade così che coloro che qualche minuto prima allontanavano da una monumentale pira le persone come fossero una mandria di bovini, adducendo “motivi di sicurezza”, qualche minuto dopo l’accensione della legna verde ed umida (umida? Come umida? Legna umida in inverno? Come mai, forse per le piogge dei giorni scorsi e le brine notturne? Ohibò, chi lo avrebbe mai immaginato!) che ha generato un densissimo fumo ad altezza uomo, fossero i primi a correre via tossendo, con gli occhi lacrimanti e il bavero del giubbotto premuto sulla bocca. Il fumo denso mi ha impedito di vedere le decine di operatori – sicuramente presenti – che indossavano appositi Dispositivi di Protezione Individuale come maschere e filtri respiratori, ma non mi ha impedito di notare che – dopo neppure dieci minuti dall’accensione della pira - mentre le fiamme bruciavano allegramente una catasta di legna di una decina di metri d’altezza, la stessa è rimasta praticamente incustodita, permettendo a chiunque di avvicinarsi senza che alcuno lo fermasse.
Ah già, il sindaco era andato via ed il tappeto riservato all’arcivescovo era stato rimosso, quindi il resto non contava più di tanto e se uno si avvicina al fuoco e si fa male sono problemi suoi, la mamma non gli ha insegnato niente quando era bambino?
Io ho fatto per anni servizio di presidio e so bene che chi sta alla porta c'entra poco o nulla, è solo l'agnello sacrificale che si becca le parolacce del pubblico ed i cazziatoni dei superiori quando le cose vanno male; il problema è spesso a monte, dove latita una programmazione competente, una logistica attenta (percorsi riservati per mezzi ed operatori di soccorso?) ed una ottimizzazione delle risorse lungimirante, e chiunque abbia visitato un aeroporto israeliano – tanto per citare un caso limite – sa di cosa parlo.
La mia riflessione, pur scaturendo da uno specifico episodio facilmente identificabile, è però più generale e abbraccia un campo più ampio, che gli anglosassoni individuano in due campi come "safety" e "security" e che qui in Italia dovrebbero essere "prevenzione" e "protezione", termini sconosciuti ai più. Qualunque persona dotata di buon senso ed onestà intellettuale sa che il "rischio zero" non esiste, però non si può neppure fare sempre come il tizio che sul parabrezza del treruote aveva l’immaginetta di San Giuseppe che - a suo dire – lo tutelava meglio della assicurazione contro gli incidenti stradali.
Lo so, in Italia siamo lontani anni luce da certe tematiche e alla fine si spera sempre di non essere davanti al ventilatore acceso quando qualcuno comincia a spalarci dentro melma, e allora va bene così, speriamo che nessuno si faccia mai male, speriamo che delle decine e decine di ragazzi che marinano la scuola nessuno caschi mai giù da un solaio pericolante in un convento abbandonato alla periferia della città, che non nevichi più a sud di Firenze, che nessun podista si becchi un albero in testa nella pineta chiusa al pubblico con una ordinanza sul cui rispetto non si sa bene chi vigili e se poi proprio succede beh, si vede che era destino.