Di come avvenne l’incontro tra questo ragazzino e il monaco non si hanno notizie certe. Ciò che si sa è che questo fu decisivo per il giovane orfano; Tanomo Saigo era stato un alto dignitario del clan Aizu ed un famoso samurai al servizio dello shogun e per costui combattè fino alla fine . I suoi familiari, considerando la sconfitta in in battaglia come un umiliazione insopportabile, eseguirono in gruppo il suicidio rituale (seppuku) mentre Tanomo Saigo decise di lasciare la via della spada per dedicarsi allo spirito, scelta frequente tra i samurai.
Kano sensei proprio in quegli anni ebbe l’idea di raccogliere sotto la sua scuola tutte le scuole antiche (ryu) di lotta giapponese affinchè, grazie a questa unione e alla apertura al grande pubblico, l’arte marziale nipponica potesse sopravvivere in un’epoca in cui la modernizzazione prendeva il sopravvento sull’antica classe dei samurai. Shiro Saigo rimase affascinato dal carisma di Kano sensei e per questo motivo si iscrisse ai corsi del Kodokan, divenendo in brevissimo tempo allievo istruttore di Kano stesso. Sembra che in questo periodo Shiro Saigo, nel rispetto al proprio padre adottivo Tanomo, non avesse mai adoperato le tecniche Oshiki-Uchi bensì fosse divenuto un esperto del Jujitsu Kodokan, il futuro Judo.
Nei tanti tornei che contribuirono alla affermazione della nuova scuola, Shiro Saigo usò spesso una tecnica chiamata Yama Arashi (lett. “tempesta di montagna”), tecnica ereditata dalla scuola Daito (vedi il libro di Draeger, “Budo Moderno”) e impiegata per sbaragliare tutti gli avversari che lo avevano affrontato, portando in tal modo fama e rispetto verso la scuola Kodokan. (Nella foto sopra riportata si può notare l'evidente asimmetria delle spalle, deformazione fisica provocata quasi certamente dall'intenso allenamento di questa tecnica solo da un
Venne la fama e la gloria, ma queste non portarono felicità a Shiro Saigo: Tanomo fu molto addolorato quando seppe che Shiro era divenuto un maestro del Kodokan e Shiro per questo decise di abbandonare la pratica con Kano sensei.
Negli anni seguenti Shiro Saigo si dedicò all’arte del Kyudo (Via dell’Arco), decidendo in tal modo di rispettare il proprio padre Tanomo e il suo maestro Kano, non insegnando né adoperando più le tecniche di lotta che aveva appreso da loro, mostrando così un esemplare rispetto verso il proprio genitore adottivo e verso il proprio maestro e diventando, anche per questa scelta singolare, protagonista di racconti popolari ed ispiratore di due film del regista giapponese Akira Kurosawa.
Andato Shiro per la sua strada, il vecchio Tanomo Saigo trovò nel giovanissimo Sokaku Takeda il degno erede delle tecniche della scuola “Aiki in yo ho”. Takeda Sokaku era di diritto l’erede predestinato di queste tecniche, sia perchè era il nipote di Takeda Soemon, sia perché suo padre, Takeda Sokichi, si era dedicato all’antica arte del Sumo piuttosto che a quella di famiglia insegnata dal padre Soemon. L’insegnamento del vecchio monaco-guerriero fu fonda-mentale per Takeda Sokaku, che unì le tecniche di Oshiki Uchi con lo studio della spada della scuola Ono-ha Itto Ryu e con quanto altro appreso durante i suoi tanti viaggi lungo il Giappone, dando linfa vitale al Daito ryu Aiki-jujutsu, Arte da cui in seguito nacquero l’Aikido, l’Hapkido e presumibilmente anche il Shorinji Kempo; ma questa è una storia che racconteremo un'altra volta…