(Deshimaru Taisen)
Il giusto comportamento è alla base del Budo. La maniera di comportarsi in un dojo segue delle regole ben precise che è importante seguire fin dall'inizio. Non è, infatti, solo una questione di etichetta (come spesso appare agli occhi di un profano), bensì un atteggiamento del corpo e della mente indispensabili per una corretta pratica. Lo spirito con il quale si sta in un dojo è ben diverso da quello che si ha nella vita di tutti i giorni: la frenesia alla quale siamo quotidianamente abituati è sicuramente d'intralcio alla giusta pratica, che necessita invece di una tranquilla calma, di una serenità del corpo e dello spirito. Ma come fare per ottenerle?
Concentrazione che aumenta, poi con il saluto, che è una delle prime cose che viene insegnata ad un novizio. Il saluto è una forma giapponese di cortesia e rispetto, e nell'ambito delle arti marziali ha il valore di un'affermazione dei massimi principi. Benché il più dello volte sottovalutato, il saluto riveste un aspetto molto importante: attraverso il gesto formale, infatti, ci si prepara mentalmente alla pratica ed è quindi necessario eseguirlo nel modo giusto. In Giappone esistono otto modi differenti di salutare, ma nel Dojo se ne praticano solamente due: ritsu rei e za rei. Il primo saluto (ritsu rei) si effettua dalla posizione eretta: con le gambe unite e i piedi leggermente divaricati, ci si inchina piegando il busto di circa 30°, mantenendo le braccia distese lungo i fianchi (le donne mettono, invece, le mani sulla parte anteriore delle cosce) e, dopo una brevissima pausa, si riprende la posizione di partenza.
Il secondo (za rei) è più cerimonioso: dalla posizione eretta naturale ci si inginocchia in seiza, si fanno scivolare le mani davanti alle ginocchia, sempre rivolte diagonalmente verso l'interno e ci si piega in avanti con il busto, senza sollevarsi dai talloni, fino a sfiorare le mani con la fronte. Dopo un breve momento di attesa, ci si rialza ripetendo i movimenti al contrario. Il significato del saluto non è sempre lo stesso, ma varia a seconda delle circostanze nelle quali viene effettuato; normalmente, nell'ambito di una lezione il saluto si fa diverse volte, e ogni volta la sua pratica assume un valore diverso.
Il primo saluto che si effettua è quello fatto prima di salire sul tatami (ritsu rei): sistemate in ordine le ciabatte (zoori), si sale sul tatami con il piede sinistro e si esegue ritsu rei. In questa occasione, il saluto ha due significati: il primo è quello di rispetto verso il luogo della pratica, il secondo è una sorta di preparazione spirituale, di concentrazione, è un abbandonare ogni idea estranea fuori dal tatami. Questo atteggiamento della coscienza si rafforza con il secondo saluto (za rei) che il maestro e gli allievi si scambiano prima della lezione: presa posizione nel rispettivi lati del dojo maestro e allievi eseguono za rei. Questo saluto cerimoniale ha anch'esso due significati: quello, appunto, di una più profonda concentrazione e quello di una sorta di unione spirituale (kimochi) tra il maestro e gli allievi, che si preparano entrambi a percorrere la stessa Via, l'uno dando senza riserve, gli altri ricevendo con fiducia e gratitudine.
Significato di unione ha anche il saluto che i due praticanti (tori e uke) si scambiano prima di una qualsiasi forma di pratica a coppie: attraverso questo saluto (ritsu rei) si vuole intendere che tra i due non c'è dualità, bensì il sentimento di lavorare insieme per progredire insieme (jita kyo ei). Un'altra circostanza in cui si esegue ritsu rei è quando si sale o si scende dal tatami durante la pratica: il comportamento di un singolo, infatti, influenza quello di tutti, per cui effettuando il saluto si cerca di non spezzare la giusta tensione mentale che si è venuta a creare fra i partecipanti alla lezione.
Ultimo saluto, è quello effettuato fra maestro e allievi al termine della lezione: in seiza si riporta il corpo e la mente alla calma dopo la pratica, e za rei è una sorta di ringraziamento reciproco per quanto dato e quanto appreso. Alla luce di quanto finora detto, quindi, appare evidente che il gesto del saluto è un gesto estremamente importante nell'ambito del Budo, e non va assolutamente minimizzato nel suo significato: è attraverso la pratica corretta del saluto che si inizia a percorrere la Via.
Potrà sembrare a prima vista strano, ma il rituale del saluto è profondamente legato al nostro essere animale, ad una natura in cui si comunica col corpo più che con le parole.
Fino a pochi anni fa, quando bastava spostarsi di poche decine di chilometri per trovare persone che parlavano una lingua/dialetto incomprensibile, era necessario stabilire dei codici di comunicazione chiari per tutti. Gesti come il sollevare la mano aperta, offrirsi ad un abbraccio, stringersi la mano, brindare insieme e tanti altri erano tutti modi di esprimere o meno la propria fiducia e disponibilità nell’interlocutore. Viceversa, “poichè fidarsi è bene e non fidarsi è meglio”, insieme a questi atti di “apertura” ve ne erano altri miranti a stare sempre sul chi va la: lo sguardo mai troppo basso, il lato del marciapiede su cui passeggiare e cose così.
Tutto questo è apparentemente passato di moda, l’istruzione generalizzata e la TV hanno contribuito a creare un “linguaggio universale” e la Internet ha completato il quadro, rendendo la comunicazione interamente verbale e per nulla corporea. Anche in queste condizioni però vi sono dei canoni da rispettare e nuovi codici (ad esempio in Rete è considerato inopportuno scrivere in maiuscolo, poichè viene letto come un urlare il proprio pensiero) ma è ancora troppo presto forse perché certe modalità siano completamente metabolizzate.
Mentre in passato il saluto era un modo per presentarsi, oggi la Rete permette di assumere identità virtuali, vivere seconde e terze vite parallele e quant’altro.
Sarebbe banale e ipocrita dire che si stava meglio prima, altrettanto stupido sarebbe buttare a mare alcune regole che oramai fanno parte della nostra cultura in nome di una presunta modernità.
Il saluto è segno di rispetto, e che questo sia espresso di persona piuttosto che in chat poco importa, l’importante è che sia sincero, sentito e voluto al fine di stabilire un “ponte”con l’interlocutore.