Ma la pratica non si impara a parole, anche se le spiegazioni sono indispensabili all’allievo per capire “cosa” sta facendo, così come non si può imparare a cucinare o a guidare una autovettura solo vedendo una videocassetta o leggendo un libro, così l’apprendimento di una arte marziale richiede, anzi esige, un percorso formativo che non può e non deve essere eluso o saltato.
La pratica di un kata deve essere eseguita con dignità, essendo corretti nella postura, nell’abito e nell’atteggiamento; I praticanti,pur completamente impegnati ad eseguire le tecniche, devono lavora-re al massimo della loro abilità e controllo secon-do le regole prestabilite. Il kata è un confronto con l’intento di portarlo alla sua conclusione, ma questa conclusione non è un colpo che ferisce o che sia dato con l’intenzione di ferire. Il senso del kata è che Tore faccia da maestro a Uke per insegnargli le risposte e le tecniche adeguate al suo attacco. Il ritmo è determinato dalla guida di Tore, che stabilisce la giusta distanza (ma-ai), le risposte necessarie e lo stato finale di allerta e consapevolezza (zanshin). Per questo scopo è necessario che Uke attacchi in un modo specifico in modo che Tore possa praticare le tecniche corrette, ogni volta senza mai andare fino in fondo, fermandosi poco prima di ferire Uke, dimostrando chiaramente conoscenza e controllo della tecnica. Ogni kata ha i suoi colpi specifici, i suoi movimenti ed i suoi kamae, ma la parte più importante è l’atteggiamento, che deve essere improntato alla sincerità ed all’efficacia. Attraverso il kata i due praticanti entrano in contatto profondo, ognuno impara a percepire le proprie azioni e le reazioni del partner in un fluire continuo di energie, Tore esegue la tecnica con l’indispen-sabile collaborazione di Uke, che non è un bersaglio incosciente ma è “vivo” (do-uke) e reattivo; questa è l’essenza del kata, che ne fa una forma di pratica attuale, vitale e realistica. Non è il meccanismo regolare di un orologio meccanico, come purtroppo viene a volte inteso in una pratica cieca e sorda, attenta solo alla rigida perfezione formale dei movimenti. Piuttosto è proprio la sensazione di intensità sperimentata nella pratica che permette di imparare attraverso l’esecuzione di varie forme predeterminate. Un kata è qualcosa di più della mera pratica fisica e del desiderio di essere tecnicamente corretti, anche se questi sono obbiettivi importanti, ma altrettanto importanti sono l’atteggiamento spiri-tuale, la sincera e pura attitudine mentale, la attenzione ed il controllo delle emozioni proprie e del partner, ovvero quel “di più” che distingue un vero praticante di Arti marziali da un ginnasta.