Viceversa il tre è quasi unanimemente considerato un numero perfetto, ed anche il sette gode di particolari benevolenze. Singolare è il destino del 13 che è a volte, come detto, considerato sfortunato, ed altre volte invece preso ad esempio di fortuna (specialmente quando si parla di schedine del totocalcio). Anche l’oriente, ed in particolare il Giappone, hanno i loro numeri fortunati e sfortunati, e non è forse un caso che ci sia più di una coincidenza tra questi e quelli occidentali. Ogni cultura ha dei numeri che considera particolarmente fortunati o, viceversa, infausti. In Occidente è molto comune considerare sfortunato il 17 ed il 13, tanto che in alcuni alberghi o palazzi dopo il dodicesimo piano c’è il “12 bis” e su molti aerei dalla fila 12 si passa direttamente alla 14. Stessa sorte per il 17, specialmente se accoppiato al venerdì, e per certi aspetti al quattro.
Altra coincidenza tra Oriente e Occidente è invece quella relativa al numero sette, che entrambe le culture giudicano propizio e fortunato, se non addirittura sacro. Non a caso il numero sette ricorre frequentemente: i sette nani di Biancaneve, le sette meraviglie del mondo, i sette colori dell’arcobaleno, le sette virtù (teologali e cardinali) ed i sette peccati, i sette mari, i sette giorni della settimana, le sette note musicali sono solo alcuni degli esempi di quanto il sette sia ricorrente nella nostra società. Anche in Giappone il sette è oggetto di particolare interesse: “I sette samurai” è uno delle più note pellicole della cinematografia nipponica, sette sono le successive reincarnazioni in cui confidano i buddisti, ed i giapponesi celebrano con particolari ricorrenze il settimo giorno dalla nascita di un bambino ed il settimo giorno e la settima settimana dalla morte di un loro caro.
Ancora, molto importanti in Giappone sono i “Shichi – fuku – jin”, ovvero i “Sette Dei della Fortuna”, tipici del folklore nipponico; quono queste delle divinità che oscillano tra il comico ed il grottesco, spesso ritratti insieme su una nave colma di tesori e dotati di oggetti magici quali un cappello invisibile, rotoli di broccato, una borsa inesauribile colma di delizie, un ombrello parapioggia fortunato, chiavi per accedere ai depositi dei tesori divini ed importanti libri e rotoli di pergamena.
Sempre a proposito di sette, in Giappone sono molto popolari la nanakusa-gayu, ovvero la minestra di riso con le sette erbe che viene tradizionalmente consumata il sette di gennaio, per prevenire i malanni e scacciare dal corpo gli spiriti cattivi. In effetti questa minestra, conosciuta anche come haru no nanakusa (le sette erbe della primavera) è un pasto leggero e ricco di vitamine, ideale da gustare dopo le grasse mangiate e le ricche bevute che accompagnano i festeggiamenti del capodanno. Insieme a quelle appena citate bisogna anche ricordare le aki no nanakusa, ovvero “le sette erbe dell’autunno”, che però non sono usate a scopo alimentare ma vengono impiegate per celebrare l’equinozio d’autunno o la settimana di luna piena di settembre. La prima è sicuramente quella che riguarda il numero quattro, che in Giappone viene pronunciato come “
Il motto richiama l’episodio di Kusonoki Masashige e di suo fratello Masasue che, nel 1336, durante la battaglia del fiume Minato, incalzati da un esercito nemico numerica-mente superiore, decisero con altri samurai di compiere suppuku con il rituale taglio del ventre. Prima del gesto estremo, Masashige, che sedeva al posto d’onore nella sala che ospitava i guerrieri pronti allo hara kiri, si volse verso il fratello e disse: “Si dice l’ultimo pensiero di un uomo decida, nel bene e nel male, della sua vita futura. Qual è il tuo desiderio per i prossimi nove mondi?” (i nove mondi sono, secondo il credo buddista, i piani di esistenza in cui si può reincarnare un’anima).
Masasue rise rumorosamente e rispose: “Io spero di rinascere almeno sette volte nella stessa vita umana per distruggere i nemici dell’Imperatore!”. Soddisfatto Masashige replicò: “E’ un cattivo pensiero che deriva da un karma determinato da una colpa grave, ma io la penso allo stesso modo. Coraggio, passiamo insieme nell’altra vita e mettiamo in atto il nostro proposito”. I due fratelli si scambiarono questa promessa, presero posizione sullo stesso cuscino in direzione opposta e, senza un lamento, si squarciarono l’addome.