Il kumite, ovvero la pratica dello sparring nel Karate mette alla prova le emozioni tanto quanto la mente ed il corpo. L’emozione derivante dalla paura di essere feriti, per esempio, è la più importante sfida personale del kumite, seguita dalla rabbia e dalla frustrazione.
In questo articolo, tratterò di come – in base alla mia esperienza – la rabbia e la frustrazione hanno portato gli avversari a commettere degli errori tecnici ed a perdere l’incontro, quindi spiegherò come le tecniche di respirazione, la corretta postura ed il costante allenamento nel kumite possano contribuire al controllo della rabbia e della frustrazione e portare a maggiori successi nello sparring.
Il kumite richiama la fondamentale azione del combattimento, e quindi genera una urgenza primaria. Per questo, sebbene la rabbia – ad esempio – possa dare ad un combattente la sensazione di un aumento della potenza, la forza bruta non è paragonabile ad una tecnica superiore. L’uomo e la specie dominante sulla Terra grazie alla sua superiorità intellettuale, non fisica. La tecnica del Karate è il prodotto di questa intelligenza superiore è questa viene sminuita da una emozione contrastante. Un Karate efficace richiede un autocontrollo emozionale e pertanto dare spazio alla frustrazione durante lo sparring è conseguentemente controproducente. Per quanto la frustrazione possa essere uno stimolo a migliorare le nostre prestazioni e possa spingerci ad aumentare i nostri sforzi nei kumite, il concetto di “prova più forte” nel Karate è spesso errato. Un koan del Karate, o “saggio paradosso” afferma che spesso meno si prova e più si ottiene. Questo è certamente un concetto abbastanza difficile da comprendere, ma la semplice verità che è alla sua base è che la corretta esecuzione di una tecnica di Karate richiede precisione, equilibrio e tempismo, tutte caratteristiche difficili da ottenere in uno stato di rabbia o frustrazione.
Poiché mente e corpo sono in simbiosi perfetta, ogni causa ha lo stesso effetto su entrambi: pensieri aggressivi producono istantaneamente una risposta fisica. Possiamo considerare che l’istinto del “fight or flight” [espressione gergale inglese che si può tradurre come “combatti o scappa”, N.d.T.] ed i suoi vari livelli di intensità sia proporzionale alla forza delle emozioni associate presenti nella mente. Combattenti esperti e bene allenati possono gestire un livello di istinto “fight or flight” per amplificare il loro spirito combattivo. Per i meno esperti, peraltro, una emozione incontrollata socia in un riflesso meramente istintivo, e quindi in una certa sconfitta. Che l’elevato livello di stress e ansietà comprometta la capacità di giudizio e inibisca quelle di reazione più complesse è una verità quasi banale non solo tra i marzialisti ma anche per gli psicologi dello sport, gli istruttori elle orze dell’ordine e tutti i tipo di atleti pofessionisti. Una situazione di estremo stress genera di conseguenza una altrettanto estremo decadimento delle prestazioni marziali. Un confronto fisico nella vita reale è probabilmente lo stress più elevato che si possa provare, e anche un marzialista bene allenato può sperimentare in questo frangente l’emergere degli effetti dell’istinto di sopravvivenza quali visione a tunnel, ampia gestualità e oscillazioni selvagge, che in effetti ostacolano nel momento meno opportuno l’applicazione delle abilità acquisite durante l’addestramento.
Di conseguenza, è fondamentale che i combattenti, sia in strada che nel dojo, si addestrino specificatamente in tecniche mirate al controllo delle emozioni. Più basso è il livello emotivo e migliore è il responso istintivo. Non c’è tempo per consultare sé stessi durante un combattimento o un confronto impegnativo: nessuna opportunità di analizzare la sensazione di paura, frustrazione, rabbia o qualsiasi altra emozione.
Così, in anticipo sugli eventi, è necessario impegnarsi a migliorare quelle che possono essere chiamate “Le Tre P”, ovvero Pneumatica, Postura e Pratica, che analizzeremo nelle righe seguenti.
“Pneumatica” si riferisce allo studio della respirazione che per un principiante del confronto nel kumite, come per la maggior parte delle persone, viene effettuata attraverso il naso. Quando colpite (e colpite forte e spesso) contraete le labbra ed espirate energicamente. L’aria passa attraverso i denti mescolata alla saliva generando un sibilo, un suono storicamente frequente nelle palestre di pugilato e nelle scuole di arti marziali. Può essere necessario aumentare il flusso respiratorio attraverso la bocca durante l’incontro, dopo un periodo che va da circa trenta a quarantacinque secondi, fino a quando si verifica un aumento del livello di richiesta di ossigeno del corpo al sistema respiratorio. Questo è bene, in questi casi date ascolto alle richieste del vostro corpo.
Respirate naturalmente, così come il vostro corpo richiede, ma espirate energicamente attraverso le labbra quando colpite. Questo approccio semplice ed efficace alla respirazione manterrà il corpo ossigenato e permetterà ai muscoli di agre in maniera appropriata così come al cervello di eseguire le funzioni i risposta apprese. Non importa quale sia il suo livello di addestramento fisico, prova mentale o condizionamento psicologico, un combattente senza una sufficiente ossigenazione sanguigna sarà assolutamente inabile ad agire in maniera efficace e si ridurrà a combattere in maniera meramente istintiva, forse eseguendo qualche tecnica in maniera scarsa e rudimentale, oppure si limiterà ad attendere gli eventi.
Ovviamente ci possono essere delle eccezioni nel caso in cui il combattimento duri meno di trenta o quarantacinque secondi, in questo caso l’ossigeno sempre presente nella circolazione sanguigna può essere sufficiente. Allo stesso modo, non è impossibile poter correre per cento metri alla massima velocità mentre si trattiene il respiro.
Ciononostante, i combattimenti hanno solitamente una durata superiore ai trenta secondi, e quindi è essenziale respirare in maniera corretta.
La postura è il livello successivo. Mettere insieme la corretta respirazione con le spalle tenute basse ed il corpo più rilassato possibile, Una tecnica efficace può essere menomata dal dirignare dei denti o dal tenerli serrati a causa de un rilassamento parziale del muscoli mascellari.
Bisogna permettere alle braccia di muoversi in maniera fluida di fronte al corpo, mentre si tengono i gomiti bassi per proteggere la zona bassa del busto. Gli anziani combattenti di Karate tengono in gran conto queste regole posturali e si addestrano a rispettarle in maniera inconscia, in maniera tale da aumentare la propria calma ed autocontrollo durante il kumite, indipendentemente dagli eventi. Essere in grado di controllare le proprie emozioni consente di minimizzare i propri errori, oltre che di riconoscere e sfruttare le emozioni incontrollate del nostro avversario.
E’ argomento di discussione se la rabbia in un combattimento costituisca un vantaggio, ad esempio fornendo un supplemento di energia che diventa più importante dei benefici della postura. Mentre il punto specifico è opinabile, è certo però che l’eventuale vantaggio offerto dalla rabbia è più che annullato dai molteplici disagi causati dal picco emozionale, situazione ancor più dannosa se si fronteggia un combattente esperto. Un combattente ha bisogno di una postura corretta e del controllo emozionale che ne è alla base. L’energia generata dalla rabbia potrebbe essere quasi inutile, gli esperti si concentrano sulle capacità tecniche collaudate che hanno a portata di mano. Il rilassamento, quindi, è essenziale nella esecuzione del kumite, ottenuto alle tecniche più opportune: respirazione corretta, mascella parzialmente rilassata, spalle basse, e braccia che possono muoversi in maniera fluida. La perdita del controllo e la rabbia non contenuta non sono altro che la triste dimostrazione di una scarsa esperienza, ed un invita rivolto ad un combattente esperto a fare a pezzi (metaforicamente!) il neofita. La postura rilassata, è necessario dirlo, è notoriamente difficile da raggiungere. Quando ci si allena per ottenerla, c’è una naturale tendenza a cascare nella sbadataggine e perfino nella trascuratezza. Prendetevi il tempo necessario per addestrarvi a raggiungere un equilibrio perfetto ma indefinito tra rilassamento e attenzione, e cercate di ottenere l’abilità di gestire i cambiamenti e le sorprese, dote che è alla base della natura del kumite.
Infine, la pratica. Il successo nello sparring richiede pratica, molta pratica, ed a vari livelli di abilità e di pressione psicologica, come nel caso dello Shinzen-Jiai, ovvero l’esibizione pubblica. le forze dell’ordine si addestrano regolarmente al poligono di tiro, i piloti d’aereo si addestrano per ore ed ore a provare le procedure per l’atterraggio di emergenza sui simulatori di volo, i militari sono costantemente chiamati a tenersi aggiornati nelle manovre campali quindi, gli artisti marziali non dovrebbero essere meno diligenti nel loro approccio allo sparring: la pratica costante consente miglioramenti costanti. Potete considerarlo un cliché o l’espressione di una saggezza popolare ma è una verità incontestabile: niente può sostituire la pratica, pratica, pratica.
Ed infine un’ultima parola per la prossima volta che l’emozione della rabbia o della frustrazione si presenterà durante una sessione di sparring. Non lasciate che queste emozioni traspaiano dai vostri occhi per impedire che il vostro avversario possa approfittarne. L’unica cosa che il vostro avversario deve vedere è la vostra volontà di combattere... e di farlo innervosire.
Osu!