Ho, Po e Do
Di Alessandro “Kuki” Viviani
A più di qualcuno sarà capitato di chiedersi perché il nome di alcune Arti marziali termina con il suffisso “Do” (Ken-do, Aiki-do, Ju-do) e quello di alcune Arti con “Po” (Ken-po, Nin-po), ipotizzando un errore di trascrizione o piuttosto un diverso significato. In effetti i due termini, pur simili nella pronuncia e nella traslitterazione, hanno significato ed origine abbastanza diversi tra loro. Possiamo affermare che il suffisso “DO” per le arti marziali sia stato diffusamente utilizzato dall’era Meiji in poi e di questo è facile trovare prova nelle storie riguardanti i fondatori del Karate, Judo, Aikido e Judo.
Nonostante il Ninpo/Ninjutsu sia stato l’argomento trattato da molti libri pubblicati negli ultimi anni, una ricerca incentrata sul comportamento, lo spirito e l'animo di un ninja non è stata mai effettuata scrupolosamente, anche perché evidentemente era più affascinante (e faceva più cassetta...) il lato “pratico” e leggendario. Quindi "Do" come perseguire una Via, concetto importantissimo nelle arti marziali ma anche nella vita di ogni giorno ... “Ho/Po” come eterna verità (nell'antico linguaggio indiano), non solo perseguire una Via ma andare oltre. Questo non significa che il termine in questione ricopra maggiore importanza rispetto a tutte quelle discipline che invece perseguono la Via, ma cerca solo da esse di distinguersi ed andare non solo alla ricerca della Via stessa, ma anche e sopratutto di quell'eterno circolo di vita che la natura in tutti i suoi giorni ci insegna.
Alcuni Soke, per far intuire meglio questo concetto, portano come esempio quello di far immaginare all'allievo una "montagna": il termine "Jutsu" potrebbe indicarci come si sale sulla montagna, il termine "Do" potrebbe indicarci il "modo" migliore per raggiungere la cima di quest'ultima mentre il termine Ho/Po potremmo identificarlo in questo esempio come una nuvola che fluttua in cielo sopra la montagna, scende su di essa sotto forma di pioggia, scorre attraverso essa fino a divenire da prima ruscello, poi fiume fino ad arrivare in mare, e da qui ancora nuvola pronta a ricominciare questo eterno ciclo. Il carattere cinese usato per "Ho" è composto da due radici, la prima "Sanzui" significa "acqua", la seconda "Saru" significa "andare avanti", se uniamo i due termini otteremo "andare avanti nell'acqua" e se ad esso pensiamo come l'eterno ciclo ora esposto come esempio, ecco che tutto ci torna più chiaro.
Vi è però da dire che il termine “Ho” - nonostante sia scritto con il radicale di acqua ed il carattere di avanzare - non ne prende il significato letterale ma è un'evoluzione ideogrammatica cinese sul termine sanscrito di “ruota” utilizzato per descrivere la legge “dharmica” introdotta dal Buddhismo; così come il carattere “Do”, nonostante sia partito dal concetto taoista, è finito in Giappone per rappresentare la ricerca interiore verso l'illuminazione (nel concetto Buddhista del termine). Il motivo percui questi caratteri si sono venuti a trovare come suffisso ai caratteri legati alle arti militari (es. Ken-jutsu > Ken-Do) è per alcuni essenzialmente politico e ben poco filosofico: La storia giapponese degli ultimi secoli è stata un alternarsi di due forze politiche a sua volta rappresentate dalle due maggiori correnti religiose: l'imperatore a supporto dello Shinto e lo Shogun a supporto del Buddismo.
Attraverso i periodi storici, l'importanza di queste due forze si é alternata, così che a volte templi shinto diventavano buddhisti, ed altre volte templi buddhisti che diventavano shintoisti. La codifica delle arti marziali, subendo una grossa riforma a partire dal periodo Edo (potere Shogunale), ha portato a riclassificarle secondo la visione buddhista (introducendo il Ho” e il “Do”) e ad enfatizzarne il valore spirituale soprattutto perché la necessità del valore militare era venuta praticamente a cessare. Al samurai senza spada e senza guerra che però non voleva finire a coltivare il riso non rimaneva che fare il “maestro”, fondare Ryu, codificare tecniche che i suoi nonni e suo padre avevano usato su un campo di battaglia, trasmesse a lui come la katana che di li a poco gli sarebbe stato proibito indossare anche come ornamento. Hatsumi Masaaki Sensei, Soke della Bujinkan e forse attualmente il più noto esponente del Nin-Po/Nin-Jutsu, spiega che l’evoluzione storica di questa disciplina ha seguito le tappe di: Shinobi no Ho, ovvero insieme di conoscenze pratiche ed attitudini (non organizzate) sviluppate dalla necessità contingente di sopravvivere; Nin-Po: i principi etico-morali che si possono estrapolare dallo Shinobi no Ho; Nin-Jutsu, l'insieme di tecniche “fisiche” specializzate per la difesa e l’offesa. In questo caso quindi, al pari di altre situazioni simili, Arti marziali (Bumon) e spiritualità (Shumon) potrebbero anche "camminare da sole" ma se da una disciplina si vuole cogliere il significato più profondo, si deve pensare a queste due componenti unite in un’unica realtà, in grado di offrire quella che alcuni chiamano “tecnica” o “pratica” ed insieme alcuni insegnamenti di vita che nel nostro cammino (attraverso la Via, appunto) possono portarci sempre più ad essere una sola cosa con tutto ciò che ci circonda, in equilibrio perfetto con noi stessi e con gli altri, facendo in modo ogni giorno di non intendere l'arte marziale come la sola difesa del nostro corpo, ma quella difesa più intima che coinvolge la nostra mente ed il nostro spirito.
Non a caso i giapponesi anticamente usavano termini come “Ken-Po”, la legge della spada. La spada ha una sua propria regola che va rispettata, la spada può salvare la vita o può toglierla allo stesso tempo… dipende come la usiamo. Ecco le arti marziali sono la stessa cosa… come ogni aspetto della vita portato allo stremo può essere utilissimo o dannoso. “Bumon” e “Shumon”… il vangelo marziale è unito indissolubilmente a quello religioso, quante persone possono capire questo? Vivere una vita come un ninja vuol dire desiderare niente, apparire niente, essere niente. Questo è il punto più sicuro: diventare uno “zero”; come l’“en”, il cerchio. Ma due cerchi affianco significano anche infinito… ecco che dallo zero nasce ogni cosa. E’ come il carattere “nin” di ninja formato da una spada “ken” sopra il cuore “shin” sta a significare che il cuore è più importante della spada e se permettiamo alla spada di comandare tutto è perduto. Mentre in realtà il cuore deve prevalere sempre anche se sovrastato dalla spada. Il cuore ci permette di giudicare correttamente persone e situazioni e non essere confusi durante la battaglia. Agendo come in un sogno, seguendo il nostro cuore pian piano, con il passare degli anni di pratica, stiamo tornando a casa, dove i nostri maestri ci aspettano da lungo tempo e ci sorridono da lì.