Molti di noi avranno notato, ai bordi di un dipinto orientale oppure in fondo ad un diploma di gradazione di un arte marziale giapponese un timbro colore rosso, con caratteri o ideogrammi particolari. Si tratta dell’impronta lasciata da un hanko, un timbro particolare la cui origine si fa risalire a tempi molto antichi e che in principio era d'oro veniva usato solo dall'Imperatore e dai suoi sudditi più fidati, essendo un simbolo ed un sigillo del potere della casta regnante.
Verso la metà del VII° secolo dopo Cristo l’hanko ha iniziato ad essere usato anche da nobili molto potenti e nel medioevo nipponico fu concesso il permesso di utilizzarlo anche ai Samurai, che potevano usare unicamente il colore rosso.
In una società dove ben pochi erano coloro che sapevano scrivere e dove comunque venivano usati caratteri ideo-grammatici, l’hanko sostituiva la firma che attestava l’autenticità di un documento; poiché in precedenza questa attestazione veniva effettuata praticando un piccolo taglio sul pollice ed imprimendo una impronta digitale col sangue che ne fuoriusciva, per il timbro si impiegava esclusivamente inchiostro rosso carminio, che richiamava l’usanza precedente.
Anche se gli orientali non hanno più la necessità di firmare con i "kanji", poiché grazie alla diffusione della scrittura alfabetica quasi tutti ormai hanno una firma “occidentale”, sono ancora molti coloro che firmano con i timbri (piccoli per il nome e cognome e grandi per le associazioni o le industrie) anche i documenti di normale uso quotidiano, quali la ricevuta di un pacco o di una lettera raccomandata.
Ci sono delle classificazioni dei timbri ed un hanko ufficiale, per avere valore legale, deve essere registrato presso un apposito ufficio statale. La diffusione dell’hanko ha fatto si che ve ne siano alcuni di molto preziosi, sia per il materiale in cui sono realizzati (oro o avorio) che per il valore artistico con cui sono incisi, ma a fronte di questi capolavori più unici che rari, ci sono anche i modelli più semplici ed economici, tra questi il cosiddetto sanmon-ban che significa "timbro da 3 soldi". Fino a poco tempo fa il sanmon-ban era realizzato in legno di bosso ma ora è molto comune il modello in plastica.
Come i suoi “antenati” ha una forma più o meno cilindrico-elissoidale con una lunghezza di 6 cm circa e necessita del cuscinetto di inchiostro rosso carminio, anche se la recente tecnologia del mondo dei timbri propone oramai anche hanko auto-inchiostranti. Vista la notevole diffusione nell’uso dell’hanko, se il proprio cognome è fra i 1000 più comuni in Giappone è possibile reperire il proprio timbro anche in cartoleria. Costa, appunto, 3 soldi e se si sta compilando, ad esempio, il modulo per la domanda di passaporto e ci si accorge di non aver portato con sé il timbro, si può correre in cartoleria, acquistare il proprio timbro da 3 soldi, timbrare e consegnare la domanda ed è tutto fatto! Se invece si porta un cognome non comune, è necessario tornare a casa e prendere il proprio timbro appositamente creato, perdendo così tempo prezioso. L’altra faccia della medaglia però è proprio nella realizzazione industriale dei sanmon-ban: se questi si trovano dappertutto, allora come si può distinguere la “firma” di un certo signor Suzuki da quella di un altro signor Suzuki attraverso il timbro? I caratteri degli ideogrammi di quelli artigianali sono diversi tra loro, così come le mani che li creano, ma i prodotti fatti in serie di oggi possono essere uguali, non distinguendo questo Suzuki-san dal suo omonimo che ha acquistato lo stesso hanko.