(traduzione ed adattamento di “Taking Ukemi and Being Uke” di Peter "the Budo Bum" Boylan) Nell'Aikido moderno siamo tutti istruiti su come praticare le ukemi (cadute al suolo, letteralmente: ricevere col corpo) ma raramente ci viene insegnato come essere un Uke. Nell'ultimo paio di anni, quando ho praticato Jodo in Giappone, il più grande impegno del mio addestramento è stato focalizzare come rivestire il ruolo di Uchi, il praticante che nel kata viene sconfitto. Per coloro che non hanno dimistichezza con le koryu (Scuole di Arti marziali tradizionali) nel budo classico giapponese il kata è sempre un esercizio eseguito da due persone che si confrontano, con la ovvia eccezione dello iaido e dello kyudo dove questo potrebbe essere troppo pericoloso. (Traduzione ed adattamento di “Introduction to the Omoto Religion” di Stanley Pranin, pubblicato su “Aiki News n° 41 dell’ottobre 1981) http://www.aikidojournal.com/article?articleID=582 Questo articolo è il riassunto di una conversazione molto interessante avuta con il Sig. Bansho Ashihara, un membro anziano della setta Omoto, ovvero una delle cosiddette “nuove religioni” del Giappone, che fu uno stretto collaboratore di O’Sensei Ueshiba Morihei durante i primi anni del 1930 in Ayabe, nella prefettura di Kyoto.. Il Sig. Bansho Ashihara si occupava della rivista “Budo”, pubblicata dalla “Budo Enhancement Association”, una organizzazione fondata con il supporto della religione Omoto. Il sig. Bansho Ashihara ha partecipato regolarmente agli addestramenti condotti da Ueshiba Morihei e riservati ai membri della setta Omoto e prese nota delle letture tenute da O’Sensei relative alle arti marziali ed agli argomenti spirituali ad esse collegati. (Traduzione ed adattamento di “Origins of the Aiki Jo” di Jason Wotherspoon) Jason Wotherspoon ha riassunto le opinioni più accreditate relative all’origine dell’Aiki jo che interesserà i lettori interessati alle radici storiche delle tecniche di Aikido e armate. L’articolo è stato pubblicato sul forum di Aikido Journal, ricevendo circa 17.000 visite in due anni, a testimonianza di quanto l’argomento sia ben aldilà dal potersi considerare concluso. Per quanto lontano posso vedere, sono rimaste cinque linee di indagine che meritano di essere seguite, se non per giungere ad una risposta conclusiva sull’argomento, quantomeno per chiarire alcune ipotesi. la prima è che, come citato in un recente post su E-Budo che pare che O’Sensei Ueshiba Morihei non abbia studiato null’altro (o comunque nulla in maniera approfondita e costante) se non Daito Ryu, oltre ad aver osservato qualche istruttore di Kashima Shinryu per un paio di anni. Ellis Amdur ha affermato di aver trovato poche somiglianze tra lo Aiki-jo e il Kashima Shinryu Bo jutsu, cosicchè questo porta a concludere che ciò che O’Sensei ha imparato il jo/bo jutsu solo da Takeda Sokaku sensei. Questa ipotesi dovrebbe però essere confermata comparando la pratica delle due discipline, confrontando un praticante esperto nel buki waza dell’Aikido di Iwama con un altro esperto della pratica armata della Daito Ryu. L’esame per il passaggio di grado è una tappa importante nella esperienza di un praticante, ma è bene sottolineare che la valutazione è riferita a tutto il periodo del tempo di pratica e non è limitata al solo giorno dell’esame. Per questo motivo il giudizio che viene espresso dalla commissione di esame non si limita alla mera esecuzione fisica delle tecniche ma prende in considerazione otto aspetti relativi alla pratica ed alla vita del Dojo. Ciascuno di questi otto aspetti è valutato con un punteggio da 1 a 10, dove il 5 corrisponde alla sufficienza minima ed il 10 all’eccellenza massima. Per ottenere la promozione il punteggio minimo è quindi 40, con al massimo una insufficienza non inferiore a 4. E’ bene chiarire che la valutazione è espressa sempre in funzione del grado di preparazione atteso dal candidato, percui – ad esempio – se l’esecuzione in una certa maniera di uno “shomenuchi iriminage” viene considerata buona o sufficiente in un esame di 5° Kyo, la stessa maniera sarà considerata insufficiente ad un esame di 1°kyu. Alla stessa maniera, il fatto che l’esecuzione di una tecnica venga considerata buona o sufficiente durante un esame di grado, non indica che la tecnica è “perfetta” in senso assoluto, ma solo che l’esecuzione è adeguata allo standard richiesto all’esaminato. Se dovessi usare un aggettivo per definire la giornata di pratica vissuta insieme a Vasto domenica 24 febbraio, userei “circolare”. Metto da parte il riferimento ad una delle “forme sacre” dell’Aikido e scelgo di rimanere volutamente “terra-terra”, non perché la giornata vissuta non meriti tanto, quanto piuttosto per evitare di far sorgere il dubbio che dietro tante roboanti parole si nasconde ben poca sostanza (evidentemente, a pochi giorni da una campagna elettorale martellante, scatta una certa forma di rigetto…). “Circolare” perché la pratica è stata diretta da tre insegnanti (in realtà c’era anche un quarto, ma ne parlerò dopo…) che si sono alternati nel proporre il programma della giornata in maniera omogenea, proseguendo l’uno da dove aveva terminato l’altro, dando vita ad un “unicuum” composto da tre modi didattici individualmente differenti ma con una evidente base comune. Sabato sera, a Roma, nel corso di un seminario di takemusu Aikido diretto da Paolo Corallini shihan, Ciro ha conseguito il grado di shodan con la votazione di 23/30. Una notizia come tante altre per molti, ma non per me, per tutta una serie di motivi. A poche ore dal momento della proclamazione ufficiale dell’esito, è ancora difficile mettere ordine nei pensieri, vuoi per il caotica richiamo degli impegni quotidiani e lavorativi, vuoi perché è un evento che mi ha segnato più di quanto credessi. |
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Marzo 2017
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