€ 14,00, pubblicato nel 2002, 104 pagine, Luni Editore (ordinabile presso la Firenzelibri s.r.l. - 0558635744 – email: [email protected]), ISBN 88-7435-014-7
Il Ki, almeno per noi occidentali che siamo forse un po' ossessionati da questo “ingrediente” della pratica marziale, pare essere una sorta di Araba fenice, di cui un poeta narrava “che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa”. Ed in effetti, sui tatami quello del Ki (o Chi oppure Qi, se si preferisce la traslitterazione cinese), è uno degli argomenti più dibattuti. Da una parte vi sono i praticanti più “muscolari” che al Ki credono poco o nulla, dall'altra coloro che alla ricerca ed allo sviluppo del Ki dedicano tutti i loro sforzi, non sempre premiati dal successo.
Tra questi possiamo sicuramente annoverare Tokitsu Kenji, che ha dalla sua una serie di caratteristiche tali da rendere il suo punto di vista uno di quelli più interessanti da conoscere: innanzitutto Tokitsu Kenji ha praticato diverse arti marziali, tra cui kendo e karate, per poi condensare le sue esperienze nello Shaolin-mon, una originale sintesi di arti marziali cinesi e giapponesi. Inoltre, pur essendo nato e vissuto in Giappone, è da più di trent'anni in Europa, quindi conosce sia la forma mentis orientale che quella occidentale. Infine Tokitsu Kenji ha perseguito una Via che lo portato a ricercare sia l'efficienza e l'efficacia in combattimento che il benessere fisico e spirituale del praticante.
Già nella premessa del libro l'autore va diritto al nocciolo della questione: le tecniche delle arti marziali sono tutte, all’origine, destinate a nuocere all’avversario. Come può la pratica contemporanea avere un senso sociale diverso? Si può perseguire la possibilità di una formazione dell’uomo attraverso una pratica che consiste nel dominare l’avversario senza ferirlo? Può questa pratica inserirsi nelle nostre società occidentali contemporanee? Basandosi sul suo cammino personale e sui suoi numerosi anni d’esperienza, Kenji Tokitsu risponde a queste domande cominciando col chiarire al lettore i concetti di Budo e di Ki, passando poi ad illustrarne la concretizzazione nel Kendo e lo sviluppo attraverso la pratica dei kata.
Il Budo viene visto, dall'autore, come una specie di “cartina di tornasole” in grado di esprimere l'essenza del Ki e di distinguere chi lo padroneggi davvero da chi millanta. Sviluppato nei bellicosi secoli passati, il Budo è passato dall'essere principalmente l'espressione del soldato combattente a divenire una pratica di autoformazione del praticante, che attraverso questo ricerca uno sviluppo fisico, psichico ed emotivo. Il Ki, nella sua qualità di energia vitale, è motore ed alimento di questa pratica, e nel momento in cui il praticante comprende come attraverso il combattimento possa realizzare il Budo sfruttando il Ki, la sua pratica smette di essere una lotta meramente fisica e si trasforma in una Via di progresso globale.
Pur esponendo concetti e principi profondi, il volume è chiaro e scorrevole, risultando leggibile ed esaustivo senza mai cadere nella banalità e nella semplificazione; un libro che potrà risultare interessante quindi sia per chi pratica discipline competitive, per dare un senso nuovo alla propria pratica, che a chi persegua Vie più “filosofiche”, come ausilio a mantenere i “piedi per terra”.
Primo paragrafo:Un coltello è fatto per tagliare. Allo stesso modo, la tecnica delle arti marziali ebbe in origine la funzione di dominare l'avversario, ferendolo o uccidendolo. Quali che siano gli obbiettivi e le giustificazioni che sono stati sovrapposti nel corso del tempo, la tecnica delle arti marziali è stata elaborata perché degli uomini combattano contro altri uomini.
Ultimo paragrafo: Oggi, e per il resto della mia vita, sono pervenuto ad una concezione chiara del combattimento: eccola. Se praticate il combattimento avendo sviluppato la sensibilità al ki e facendovi guidare dal ki, potrete condurlo in modo efficace e sensibile. Nello stesso tempo aprirete la vostra sensibilità a tutto ciò che avviene in voi stessi. Sentirete allora, concretamente, che vi farà accordare con il ki di tutto ciò che vi circonda. Questo vi farà percepire quello che di negativo c'è nell'odio, vi insegnerà a vincere la paura ed a non farvi impastoiare dal desiderio. In questo senso possiamo dire che il ki racchiude una morale, ma essa si situa aldilà della morale sociale e religiosa, affonda le sue radici nella vostra propria esperienza. Ormai, la ricerca dell'efficacia in combattimento assume anche il senso dell'interiorizzazione di un'etica.