Eseguire soffocamenti o strangolamenti è un’Arte sottile che richiede molta più attenzione ai dettagli di altre pratiche nel Judo. Ancora la maggior parte dei testi sul Judo fanno poco per chiarire punti precisi dove applicare tali tecniche agli studenti coscienziosi, molti dei quali credono che una qualsiasi pressione sul collo dell’avversario sia un buon strangolamento. Ad esempio, la descrizione generica delle tecniche di soffocamento su “Kodokan Judo” di Jigoro Kano è la seguente: "Usare le proprie mani, braccia o gambe con il colletto e il bavero dell’avversario per applicare una pressione al suo collo o alla sua gola". Questo eccellente dettagliato manuale di Judo non identifica “dove” la pressione debba essere applicata sul collo e neppure quello che è l’obbiettivo di maggiore importanza di queste tecniche, che è sottomettere un avversario violento provocandogli un temporaneo stato di incoscienza. Nella pratica del Judo i tre modi basilari di soffocare o strangolare un avversario, applicabili singolarmente o in combinazione tra loro, sono:
a) Comprimere le arterie carotidi su uno o entrambi i lati del collo, limitando il flusso del sangue e dell’ossigeno al cervello.
b) Comprimere la trachea bloccando o limitando il flusso dell’aria ai polmoni.
c) Compressione del busto e dei polmoni per impedire all’avversario di respirare correttamente (spesso usato durante le tecniche di bloccaggio).
Questi metodi possono essere impiegati in diverse situazioni ma lo strangolamento vero e proprio è quello comunemente insegnato nel Judo. La compressione delle arterie carotidi è preferibile perché richiede meno forza, è più veloce da eseguire del soffocamento, è generalmente più efficace contro la maggior parte degli avversari ed è maggiormente aderente al principio dell'efficienza del Judo che mira ad ottenere il massimo risultato col minimo sforzo. Prove mediche hanno constatato che la pressione necessaria per occludere le arterie è circa sei volte minore di quella che serve per chiudere la trachea; arrestando direttamente il flusso sanguigno al cervello si ottiene una perdita di conoscenza sei volte più rapida che arrestando indirettamente l'invio di ossigeno al cervello attraverso la restrizione del respiro o del flusso dell'aria ai polmoni.
Una tecnica correttamente eseguita può consentire ad un Judo-ka di provocare lo svenimento o la resa di un avversario con infliggendo relativamente poco dolore. Un buon strangolamento deve rendere l’avversario incosciente in pochi secondi senza causare ferite o eccessivo dolore; alcune delle regole fondamentali per effettuare un buon strangolamento sono le seguenti: Essere sicuri di essere in una posizione tale da poter eseguire senza impacci la tecnica prevista e di essere abbastanza adattabili da avere la possibilità da replicare ad un eventuale tentativo di liberazione dell’avversario. La postura deve essere abbastanza stabile da consentirci l’impiego dell’intero corpo nella applicazione della tecnica. Portare l’avversario in una posizione in cui sia possibile controllare le sue azioni e sia difficile per lui opporre resistenza.
L’avversario deve essere il più possibile squilibrato e sotto il nostro controllo, e spesso questo significa operare uno stiramento della sua schiena. Abituare le mani a mantenere una presa accurata sin da quando si inizia la tecnica, effettuare lo strangolamento nel minor tempo possibile ed una volta iniziatolo mantenere una pressione costante evitando di spostare le mani per aggiustare la presa. La tecnica avrà maggior successo se si è fermamente decisi a non far sfuggire l’avversario, mantenendo più una pressione costante che esercitando una forza estrema ed a “strappi”.
Si sono così sviluppate diverse variazioni su come utilizzare al meglio gambe, anche, braccia, busto, mani e testa per massimizzare l’effetto dello strangolamento. In alcune tecniche mani e braccia possono usare il colletto del judo-gi come fosse una corda sottile avvolta intorno alla gola; in altre tecniche queste possono ruotare o torcere con forza il collo, in altre ancora possono tirare o spingere per applicare direttamente una pressione sul triangolo carotideo o sulla trachea. Perfino le tecniche di base possono essere applicate con efficacia in maniere diverse e dipendenti dalla posizione dalla corporatura e dalla agilità dell’avversario, oltre che dall’abilità, dalla forza e dalle preferenze di chi le esegue.
Nami juji jime, “bloccaggio incrociato normale”, eseguito frontalmente con le braccia incrociate a stringere il bavero dell’avversario con i propri pollici verso l’interno.
Gyaku juji jime, “bloccaggio incrociato contrario”, eseguito frontalmente con le dita all’interno del judo-gi avversario. Kata juji jime, “Mezzo bloccaggio incrociato”, eseguito frontalmente con all’interno del judo-ji, le dita di una mano ed il pollice dell’altra.
Hadaka jime, “bloccaggio nudo”, applicato alle spalle con l’avambraccio sulla gola e Mae hadaka jime, “bloccaggio nudo frontale”, chiamato a volte “Ghigliottina”.
Okuri eri jime, “bloccaggio con scivolamento del bavero”. Applicato alle spalle con una mano intorno al collo dell’avversario che ne afferra il bavero mentre l’altra tira il lato opposto del bavero.
Kataha jime, “Bloccaggio ad ala singola”, applicato dalle spalle con una mano intorno al collo che tira il bavero e l’altra sulla nuca e sotto il braccio dell’avversario.
Katate jime, “strangolamento ad una mano”, eseguito di fronte o di lato con un braccio intorno al collo ed una mano che stringe il bavero.
Ryote jime, “strangolamento a due mani”, eseguito frontalmente afferrando i due lati del bavero con i due pollici all’interno, girando i pugni ai lati del collo.
Sode guruma jime, “Soffocamento con la rotazione della manica”, azione frontale con una mano che raggiunge la parte posteriore del collo e l’altra che si incrocia sul davanti afferrando le maniche del proprio keiko-gi.
Tsukkomi jime, “Soffocare spingendo”, afferrando il bavero e spingendo il pugno direttamente contro il collo dell’avversario.
Jigoku jime, “strangolamento infernale”, eseguito alle spalle con una mano o una gamba sulla gola mentre l’altra gamba e mano controllano gli arti dell’avversario.
Sankaku jime, “strangolamento a triangolo” eseguito a terra con le gambe a forma di “4” strette intorno al collo dell’avversario.
Come è facile comprendere, le tecniche di strangolamento devono essere insegnate e praticate sotto l’attento controllo di un istruttore qualificato; poiché il programma tecnico del Judo contiene molte più tecniche di strangolamento rispetto ad altre Arti marziali, e queste sono praticate in un contesto abbastanza realistico, gli istruttori di Judo hanno solitamente una esperienza abbastanza ampia sulle corrette applicazioni delle shime-waza. Il Judo è ben conosciuto per gli strangolamenti, ma molte altre Arti marziali oggi insegnano tecniche di strangolamento senza il bagaglio di esperienza che hanno molti praticanti esperti di Judo. Una shime-waza può essere letale e deve essere applicata seriamente; sebbene queste tecniche prevedano una temporanea inabilitazione di chi le subisce, se correttamente applicate raggiungono il loro effetto in maniera quasi indolore. Questi strangolamenti vengono studiati e applicati in migliaia di classi e competizioni, da più cento anni in tutto il mondo senza che siano stati registrati infortuni mortali, proprio perché la loro applicazione è sempre accompagnata da una corretta enfasi sulla sicurezza e sulla attenzione che deve essere mantenuta sempre ai massimi livelli. uno strangolamento può essere applicato sia in posizione eretta che al suolo, che è la situazione più sicura poiché quando si applica uno strangolamento da una posizione eretta con l’intenzione di giungere all’effettivo risultato di inabilitazione dell’avversario, bisogna prima avere cura che la vittima non abbia la possibilità di rimanere in piedi.
Poiché è praticamente impossibile parlare mentre si subisce uno strangolamento, il segnale di resa universalmente accettato è battere ripetutamente con la mano sul tatami o sul corpo. Appena ciò avviene, la tecnica deve essere sospesa, avendo cura di mantenere le condizioni di sicurezza per sé e il compagno; quando si applica una shime-waza bisogna essere abbastanza sensibili ed avere sufficiente controllo, in maniera da percepire quando il compagno – avversario sta perdendo conoscenza, in maniera da rilasciare immediatamente la pressione.
Questa condizione è chiaramente indicata da repentino annullamento della resistenza opposta, chiusura delle palpebre, perdita di colore del viso ed una generale debolezza del corpo. A volte, se il soffocamento è troppo prolungato possono avvenire dei fenomeni convulsivi, ma una costante attenzione all’evolversi degli effetti dello strangolamento generalmente previene l’aggravarsi della situazione. Per contrastare l’insorgenza di eventuali incidenti o inconvenienti, nel curriculum del Judo (come di molte Arti marziali tradizionali) è compreso anche lo studio del Kappo, tecniche di rianimazione e di pronto intervento che comprendono massaggi, pressioni su punti specifici e posture particolari, da applicarsi in caso di necessità e oggetto di una futura trattazione specifica. Sia nelle competizioni che nella normale pratica, colui che viene strangolato deve sempre essere portato immediatamente a terra, sia per controllarlo meglio che per prevenire eventuali incidenti dovuti alle cadute “a peso morto” che subirebbe a causa dello stato di incoscienza. Imparare quando cedere è una parte importante dell’allenamento, per evitare il rischio di inutili periodi di incoscienza. Quando un judoka non ha possibilità di sottrarsi ad uno strangolamento, deve essere addestrato ad arrendersi in tempo, consapevole che la sottomissione è inevitabile e che una ulteriore resistenza gli causerebbe solo uno svenimento. Quando accettiamo di essere strangolati sino all’estrema conseguenza la nostra vita è letteralmente nelle mani del nostro avversario – compagno di studio, ma la pratica di una qualunque Arte marziale implica lo studio dei modi utili ad evitare di trovarsi in questa estrema condizione.