Questi guerrieri si dotarono di un loro codice d'onore: il bushido, che oltre al comportamento sul campo di battaglia ne regolava la vita spirituale e di cui parleremo in un altro articolo. La formazione ideale del samurai era un insieme di componenti sociali, filosofiche e religiose. Sarà il buddismo zen a rendere lo spirito del samurai forte come la sua spada. Non fu difficile per i bushi con innata semplicità shintoista assimilare le dottrine dello zen, il samurai fin da bambino imparava a non tradire nessun emozione ed a controllare il suo spirito, per fare ciò era necessario sacrificio e ore e ore di esercizi.
Lo zen fu fondamentale ad allenare e perfezione il loro famoso autocontrollo in quanto le sue tecniche insegnavano ad avere la totale padronanza delle proprie emozioni, dote fondamentale per un samurai sempre di fronte alla morte. Minamoto Yoritomo (1191), il fondatore dello shogunato di Kamakura, detto alcune regole che rimasero fondamentali per i samurai, alla base di queste regole c'erano devozione e lealtà da parte del samurai al proprio signore. Questo rapporto legava entrambe le figure, il samurai si impegnava a servire il superiore il quale a sua volta lo ricompensava con un possedimento fondiario (chigyochi).
Durante il X secolo la cerimonia di investitura da vassallo e signore era centrata su un giuramento che nel periodo Kamakura viene trascritto su un rotolo, (kishomon) che dopo essere stato compilato veniva bruciato e sciolto in un liquido che il samurai beveva; in questo modo il bushi interiorizzava sia materialmente che simbolicamente il patto che aveva fine solamente con la morte da parte di uno dei due contraenti. Il legame che univa i due era talmente forte che quando un signore moriva, molti dei suoi samurai si suicidavano per seguirlo anche nell'aldilà. Questa usanza veniva chiamata junshi e venne vietata per legge dopo che interi clan di samurai si suicidarono, ma non sparì però completamente.
Uno degli episodi più famosi è senz'altro quello dei 47 ronin che si uccisero dopo avere vendicato il proprio signore, un episodio famoso recente (1912) invece, è quello del generale conte Nogi che si suicidò insieme alla moglie alla notizia della morte del suo imperatore, entrambi riportati nella edizione del libro di Nitobe che recensiamo in altra occasione. Gli obblighi del samurai verso il proprio signore erano molti: fedeltà, sottomissione, turni di guardia, fornitura di guerrieri, partecipazione alle spese per il mantenimento del potere da parte del proprio signore, in cambio il signore garantiva protezione, aiuto e ricompense dopo le battaglie.
I principi che legavano il samurai al signore erano fondamentalmente due: giri= dovere e chugi= lealtà, il samurai doveva inoltre possedere saggezza= chi, valore= yu, benevolenza= jin; doveva essere coraggioso e forte ma nello stesso tempo composto e magnanimo, il coraggio era uno degli elementi fondamentali naturalmente.
Il samurai era al servizio del Daimyo, Signore di un clan o di una provincia ricco e potente, a sua volta il Daimyo era al servizio dello Shogun (Generalissimo), il quale era nominato dallo Imperatore. Lo Shogun governava spesso in modo dispotico ed autoritario in nome dell'Imperatore, e di fatto quest'ultimo possedeva solamente una carica onorifica fino alla era Meiji (1868), che riportò tutti i poteri nelle mani dell'Imperatore.