Nella maggior parte delle Arti e delle Vie Marziali gli istruttori parlano di “principi”, e questo implica la necessità di comprendere i principi per poter poi eseguire le tecniche comprese in qualsiasi stile di Arte o Via marziale si pratichi.
Molto spesso gli istruttori forniscono solo una breve traduzione del termine giapponese utilizzato, senza esplorare il significato completo della parola. In alcuni casi l’omissione di una dettagliata spiegazione verbale è intenzionale, poiché l’obbiettivo è che gli studenti scoprano il principio alla base delle tecniche solo tramite il loro impegno fisico e mentale. Questo modo di fare spesso genera frustrazione negli studenti, che di conseguenza smettono di praticare. In alcune altre scuole la definizione tradotta è invece così ridotta rispetto all’ampiezza del significato che il senso originario del termine giapponese viene persa.
Capita così che gli studenti, e gli istruttori, eseguono delle manovre con poca o nessuna comprensione del motivo percui lo fanno.
Lo scopo di questo articolo è di fornire una esauriente spiegazione dei principi fisici o meccanici alla base della efficace esecuzione di una tecnica.
Taisabaki
Nella sua forma più semplice il “taisabaki” viene identificato come un movimento del corpo. In realtà il taisabaki è in principio intricato che deve essere pienamente compreso per poter eseguire una qualsiasi tecnica marziale. In un senso più profondo il taisabaki è la gestione del movimento corporeo. Non si tratta semplicemente di muovere il proprio corpo ma piuttosto di gestire il proprio movimento corporeo in maniera evidente e controllata per consentire l’esecuzione di una tecnica esatta e adeguata.
Ashi sabaki
Questo è il principio del movimento dei piedi. Lo ashi sabaki è il movimento dei propri piedi in una maniera specifica in base alle intenzioni del movimento e della distanza (maai) tra noi ed il nostro avversario. nella pratica delle arti marziali ci sono due tipi principali di ashi sabaki, ovvero lo tsugi ashi, in cui il piede arretrato segue scivolando quello avanzato, ed è un movimento che può essere eseguito in qualsiasi direzione, e lo ayumi ashi, che corrisponde grossomodo alla normale camminata e che viene eseguito con un piede che passa avanti all’altro, con un movimento che solitamente prevede spostamenti in avanti o indietro.
Kamai - Kamae
Con il termine “Kamai” si indica la postura. Nel jujutsu con il termine kamai si indica una postura in cui siamo pronti a proteggere noi stessi da eventuali aggressioni, mentre la postura rilassata viene indicata con il termine hontai ed è quella che assumiamo quando siamo in posizione eretta e naturale, con le braccia rilassate lungo i fianchi. Jigo hontai è invele la posizione di difesa, che è un po’ più larga della postura normale, con le gambe leggermente piegate alle ginocchia, che rimangono mobili e non bloccati. Molto importante è la posizione delle mani, sollevate all’altezza del busto e pronte sia a bloccare o parare i colpi dell’avversario, così come a percuoterlo o afferrarlo. Le variazioni nella forma di una jigo hontai sono numerose, e l’impiego di armi di diversa tipologia richiede di conseguenza anche l’adozione di posture diverse da quelle assunte a mani nude.
La cosa importante da sapere e ricordare nelle tecniche a mani nude è che quando un piede scivola in avanti all’altro, la mano corrispondente al piede che avanza deve a sua volta andare avanti all’altra mano. A seconda dello specifico stile o arte che si sta studiando, la mano che avanza può essere alla stessa altezza oppure più alta della mano arretrata. Tenere la mano avanzata più alta è solitamente la postura preferita poiché permette più facilmente di parare e bloccare gli attacchi diretti alla testa ed alla zona delle spalle, mentre la mano bassa svolge lo steso compito a protezione del busto e del bacino. Quando si utilizzano le armi, lo specifico tipo di strumento impiegato determina quale delle mani è avanzata. Se si utilizza una spada la mano destra viene sempre tenuta in avanti con la presa destra che viene comunemente utilizzata in tutte le Scuole di scherma. Se si utilizza il jo ed in funzione della specifica tecnica che deve venire eseguita, la mano corrispondente al piede avanzato può o no muoversi in avanti insieme al piede stesso.
L’obbiettivo da raggiungere assumendo una kamai corretto è di mantenere una postura centrata e bilanciata, pronti per muoverci senza esitazione verso qualsiasi direzione.
Maai
Questo è considerato come il modo più semplice per indicare lo spazio o la distanza tra due combattenti. Come per il taisabaki, anche maai ha un significato più profondo ed è un principio che deve essere pienamente compreso per poter essere in grado di eseguire una tecnica efficace. Maai non è semplicemente la distanza di ingaggio ma piuttosto il principio di conoscenza della corretta distanza a cui una specifica tecnica può essere eseguita con successo. Di conseguenza, ed ancora più importante, maai implica il conoscere quale tecnica sia efficace a seconda della distanza che intercorre tra noi ed il nostro avversario.
Per ottenere ciò, non è sufficiente solo valutare la distanza tra noi e l’attaccante, ma è necessario anche valutare l’angolo d’attacco; anche se certe tecniche funzionano ad una specifica distanza, le stesse possono risultare inefficaci se agiscono in direzione di specifici angoli di attacco, anche se la distanza tra i due avversari è corretta
Kuzushi
Questo è il principio della “rottura” della postura dell’avversario, ovvero il riuscire a sbilanciarlo ed a portarlo “fuori dal suo centro”. In un senso più profondo, implica il riuscire a sbilanciare l’avversario mantenendo il proprio equilibrio e la propria centratura. Termini come hara, tanden, jushin, shindai son a volte utilizzati per definire il centro di gravità o il centro di equilibrio. Mettere in crisi il centro di una persona o il suo equilibrio è un obbiettivo che può essere raggiunto sia attraverso un contatto fisico (come nel caso di una percossa) che tramite l’esecuzione di un movimento che però non implica un contatto tra i due avversari (ad esempio, una finta).
Tsukuri
E’ l’entrata in una tecnica. Per quanto questo termine sia generalmente utilizzato per indicare l’avvicinamento e la preparazione di una successiva proiezione, il principio è applicabile a tutte le tecniche, con o senza presa dell’avversario. Tsukuri significa posizionare correttamente il nostro corpo per eseguire una tecnica nella maniera più efficacie ed efficiente possibile. Questo potrebbe consistere semplicemente nel fare un passo in avanti quando si colpisce con il jo oppure nell’avanzare, ruotare ed abbassare il proprio centro per eseguire un koshi nage.
Kake
Kakesignifica attaccare o eseguire una tecnica. Questo principio può essere espresso tanto nel ruotare e nel colpire con un jo come nella rotazione del torso e del bacino necessarie per la esecuzione di un koshi nage.
Applicare i principi
Una volta stabilite una serie di definizioni, vediamo adesso come questi principi funzionano tutti insieme per eseguire correttamente una tecnica. Quanto segue è la descrizione di questi diversi principi in un contesto di judo shiai. Se non avete familiarità con il judo non è un problema, poiché la descrizione sarà abbastanza dettagliata da consentire un paragone con altre arti marziali.
Si comincia con due avversari (uke e tori) che stanno l’uno di fronte all’altro ad una certa distanza e si inchinano. Usando taisabaki ed ayumi ashi si avvicinano l’uno all’altro, e quando la distanza tra i due è all’incirca di una cinquantina di centimetri cominciano a muoversi in tsugi ashi. Questo permette loro di eseguire dei passi misurati che consentono di mantenere il maggior equilibrio possibile sino a raggiungere il maai corretto per il combattimento. Allo tesso tempo in cui cominciano a muoversi in tsugi ashi ciascuno dei due protagonisti assume il proprio kamai offensivo o difensivo, ovvero alzano le loro mani davanti al corpo in modo da poter eventualmente afferrare l’avversario ed assumono una postura leggermente più larga del normale abbassando il proprio centro.
Ukee Tori si muovono in tsugi ashi cercando di percepire le intenzioni dell’avversario, mentre tentano di assumere un maai che possa consentirgli di afferrare il contendente ed eseguire una tecnica. Ona volta eseguita la presa, l’obbiettivo seguente è eseguire il kuzushi sull’avversario, e quando questo è realizzato Tori deve muoversi nella maniera corretta per piazzarsi in una posizione idonea ad eseguire una proiezione, realizzando il tsukuri. In pratica kuzushi e tsukuri devono realizzarsi quasi allo tesso tempo, e il kuzushi deve essere mantenuto durante lo tsukuri.
Una volta realizzati kuzushi e tsukuri sono realizzati non resta che eseguire kake, ovvero il completamento della proiezione, effettuato mentre Uke viene mantenuto in una posizione di squilibrio e Tori muove il proprio corpo (spazzando con la gamba, ruotando il bacino, ecc.). L’obbiettivo è quello di eseguire kuzushi, tsukuri e kake in maniera veloce e continua, impiegando meno energia possibile.
Mentre Tori ha un certo grado di controllo su come Uke si muove, quest’ultimo non deve essere messo in grado di muoversi liberamente. Il livello di resistenza e la differenza di esperienza tra Uke e Tori possono essere i principali fattori su cui Tori può contare per squilibrare e controllare l’avversario. Non si può predeterminare (ad eccezione che nel kata) quale tecnica si andrà ad eseguire; il maai del momento e l’angolo d’attacco che si viene a creare tra i due contendenti determinano quali tecniche possono essere eseguite con successo e quali altre invece si risolverebbero – se eseguite – in una perdita di tempo ed energia. Per questo motivo è importante conoscere le tecniche possibili e le loro variazioni in base ad un particolare maai o angolo d’attacco, al fine di adottare, in ogni situazione, una tecnica efficace ed appropriata.
Bisogna inoltre considerare che in judo, jujutsu ed in poche altre arti le tecniche vengono eseguite mentre si è sdraiati, seduti o in ginocchio sul tatami, nella modalità indicate come newaza o suwariwaza. Questi principi possono essere applicati in newaza o suwariwaza così come nelle tecniche in stazione eretta (tachiwaza) e l’adeguata comprensione ed impiego di questi principi nelle newaza può migliorare notevolmente l’abilità di un praticante nell’applicare le tecniche con il minor impiego di energia possibile.
Nel quadro sopradescritto ogni principio è stato descritto in una sequenza lineare me nella pratica molti di questi principi possono, ed in molti casi devono, eseguirsi contemporaneamente. Peraltro, è abbastanza comune per certi principi meccanici essere ripetitivi: il maai di stringe quando si arriva alla distanza di ingaggio e si apre quando la distanza aumenta, si passa dallo ayumi ashi allo tsugi ashi in funzione del maai e della reazione di uke, il kuzushi può essere ottenuto, perso e riguadagnato. Il punto importante da comprendere è quale è il prossimo principio che deve realizzarsi, partendo da quello che stiamo realizzando, per eseguire la tecnica che desideriamo effettuare.