Il corpo umano, fatte salve alcune differenze marginali, è sempre uguale da secoli ed in tutte le parti del mono eppure, nonostante questa evidente ed indiscutibile constatazione, nelle varie arti marziali nate in tempi e luoghi diversi, i principi di base che regolano l'uso del corpo durante un combattimento hanno portato a filosofie e tecniche diverse, spesso in contraddizione tra loro. Un praticante di Judo preferisce la lotta, sostenendo che la maggior parte degli scontri finiscono in breve per arrivare al corpo a corpo, rendendo quindi la lotta la tecnica più efficace per sconfiggere un avversario. Un sostenitore del Taekwondo, invece, direbbe che durante un combattimento è necessario riuscire a mantenere la distanza che permette di utilizzare le nostre armi più potenti, i calci.
Ad un praticante mediamente esperto le tesi espresse in questo volume potranno sembrare banali, ma in realtà queste sono “solamente” (e l’uso delle virgolette non è casuale...) semplici, in grado di coniugare efficacia ed efficienza, mirate ad ottenere il massimo risultato con l’impiego del minor lavoro nel minor tempo possibile.
La cosa può far sollevare il sopracciglio in un gesto di scetticismo a coloro i quali cono abituati a complicati contorcimenti (fisici e mentali) ed a quelli che si impegnano in lunghe sequenze coreografiche degne più di un film di cappa e spada che di un tatami, ma il fatto è che – sin dalla notte dei tempi - gli strumenti più utili alla umanità sono anche i più semplici: la ruota, la leva, la carrucola e la vite, tanto per citarne qualcuno, sono ancora oggi – dopo millenni – ancora parti integranti ed imprescindibili dei moderni strumenti tecnologici.
Questo volume è cosi utile ai praticanti più o meno esperti per ricordare (nel senso etimologico del termine) i basilari principi fisici e “spirituali” (quale che sia il significato ed il valore che ciascuno di noi da a questo termine) delle arti e delle discipline praticate, e questo memorandum, quasi sicuramente, non potrà non avere effetto anche nelle altre attività quotidiane, nel lavoro, nelle relazioni sociali e di amicizia, poichè i principi espressi ed evidenziati non sono solo meramente tecnici ma possono (per non dire devono...) essere applicati – proprio in virtù di uno dei principi espressi – in ogni momento della nostra giornata.
Controllo del centro, non contrastare forza con forza, azione indiretta, il potere della mente e tanto altro ancora sono una vera e propria epifania e costituiscono, parafrasando il titolo di un noto film di Woody Allen, “tutto quello che avreste voluto saper sulle arti marziali ma non avete mai osato chiedere”.
Non appare così esagerato, l’aggettivo “universale” impiegato nel titolo, così come non deve essere inteso in senso limitativo il termine “combattimento”, pena rischiare in rinchiudersi in un tunnel fatto di esclusivismi e ortoprassi da cui invece l’Autore invita ad uscire.
A corredo di un testo leggibile ci sono disegni ed illustrazioni chiare ed esplicative, che costituiscono vere e proprie “ciliegine sulla torta”.
A voler trovare un difetto, ci si può solo appellare al forse troppo frequente “politically correct”, molto americano e per certi aspetti comprensibile, con cui Pearlman specifica spesso che i suoi intenti non sono di sminuire il valore o l’efficacia di tecniche o arti specifiche, quanto di evidenziare – aldilà della specifica discipline, stile o scuola – gli strumenti ed i “modus operani” che queste dovrebbero avere.
Nonostante il titolo roboante e l’obbiettivo tutt’altro che modesto, il tono del libro è molto discorsivo e assolutamente privo di qualsivoglia accento di superomismo e scevro da tentazioni di “so tutto io” e permette, anche ai praticanti tutt’altro che esperti, di cogliere con facilità suggerimenti di pratica e di pensiero, di cui troppo spesso sono avari istruttori e insegnanti, per malafede o ignoranza.