All'una di pomeriggio i ragazzi raggiun-sero la prima linea sotto una pioggia battente e concentrarono il fuoco sul nemico che sferrò un pesante contrattacco, causando diciotto morti tra le fila dei ragazzi e costringendo i superstiti alla ritirata. Questi passarono attraverso un tunnel della diga di Tonoguchi e raggiunsero il monte Iimori, dall'alto del quale videro il castello di Aizu in un mare di fiamme .Stremati dalla battaglia e sgomenti per il crollo del loro castello e per la supposta morte del loro daimyo (che invece si era rifugiato in un tempio buddista), i ragazzi optarono per un onorevole suicidio piuttosto che per la resa al nemico poiché, nella antica tradizione nipponica, i guerrieri il cui Signore fosse stato ucciso dovevano eseguire il suicidio rituale per seguirlo nella morte oppure vivere nel disonore e con questa decisione, a dispetto della loro giovane età, i ragazzi della Byakkotai mostrarono la loro dedizione al Bushido.
La battaglia però, benché ormai persa, in realtà continuò altre quattro settimane, e il castello, che non era in fiamme come avevano creduto i giovani, era ancora in mano degli Aizu-Takeda. Le madri coraggiose fecero all'alba un lungo viaggio per andare a raccogliere le salme dei loro figli; i diciannove ragazzi, tutti morti meno uno ancora in vita nonostante il profondo squarcio del ventre, giacevano allineati con la faccia rivolta verso il castello del loro principe, in segno di estremo saluto. I superstiti all'interno del castello, nello esempio dell'eroismo delle giovani squadre, scelgono di continuare a combattere sino all'estremo sacrificio, e come in passato, donne e bambini commettono seppuku così che i loro mariti e padri non debbano preoccuparsi di loro quando la sconfitta è ormai inevitabile.
Quando le armate fedeli all'imperatore entrano nel castello di Aizu non vi é più nessun vivo. In casa del capo-clan Takeda gli invasori trovano 21 donne e bambini morti suicidi. Ancora oggi la collina che vide il sacrificio dei giovani eroi e che ospita le loro tombe è meta di pellegrini che onorano il coraggio dei membri della Byakkotai, ricordato anche da una antica colonna romana proveniente da Pompei e ornata da un'aquila di bronzo, donata dallo stato italiano il primo dicembre del 1928. Nella seconda guerra mondiale la storia della Byakkotai fu usata dalla propaganda per alimentare lo spirito militarista nei soldati nipponici, tanto che un altro plotone omonimo guadagnò altrettanta fama grazie alle sue molte azioni belliche condotte dal 1942 al 1945 contro l’esercito inglese in Birmania.
Al giorno d’oggi, intanto, la fine della Byakkotai rimane un argomento controverso: alcuni lo considerano un esemplare episodio di aderenza al Bushido altri, con un diverso punto di vista, affermano che un simile suicidio di massa non sia che un’altro esempio di come la guerra strappi anche le vite più giovani, come nel caso della “Crociata dei Fanciulli” nella Europa medievale. Tutto sommato, ha poca importanza come oggi si giudica questo episodio; i ragazzi erano stati educati nei principi del Bushido e del Confucianesimo, che davano molta importanza al giri (senso del dovere), e la loro non fu altro che una scelta consapevole operata con questi presupposti. L’unico superstite della Byakko-tai, Iinuma Sadakichi, fu trasferito nella città costiera di Sendai e non fu più in grado di tornare a casa fino al momento della sua morte quando, come richiesto nel suo testamento, fu seppellito sulla stessa collina dove riposavano le salme dei suoi coraggiosi compagni.