Qualche giorno fa, si è spento Nobuyoshi Tamura, un grande insegnante che tantissimo ha dato all'Aikido europeo (a questo link un bell'articolo del sempre ottimo Marco Rubatto) e così ho pensato che uno dei modi per onorare la sua memoria poteva essere il riproporre un estratto del suo libro: "Aikido: Etichetta e Disciplina", presente sul sito di Aikidoedintorni.com, che affronta in maniera interessante ed approfondita proprio il significato di alcuni dei termini più frequentemente usati nella pratica dell'Aikido (e non solo...).
Buona lettura!
“Shisei” si traduce con posizione, attitudine, posa. “Sugata” (shi) esprime la forma, la figura, la taglia. “Ikioi” (sei) esprime la forza, la vivacità, il vigore. Shisei contiene questi due significati. Ma il senso di Shisei non esprime solamente una attitudine esteriore: una buona forma, un buon stile, un ben essere ma anche una forza interiore visibile dall'esterno nella sua manifestazione; per esempio, la vitalità del bimbo visibile attraverso la sua vivacità, i suoi occhi vivaci, i suoi movimenti. Se vogliamo raggiungere questo Shisei di che cosa abbiamo bisogno? Primo di tutto di mettere ordine nel corpo che è il vaso contenente il Ki. Per questo bisogna innanzitutto stendere la colonna vertebrale e teneterla diritta. Se si visualizza l'idea di spingere il cielo con la testa, la colonna vertebrale si stende naturalmente. Non si deve gonfiare il petto nella posizione dell'attenti. Le spalle rilassate cadranno con morbidezza, l'ano sarà chiuso, le reni non saranno impennate, il Ki sarà confortevolmente posato nel seika tanden, il corpo sarà disteso interamente calmo. I
l grande spadaccino Miyamoto Musashi dice, parlando del shisei marziale: "Il viso è calmo, non è rivolto verso l'alto nè verso il basso, nè di lato, gli occhi chiusi leggermente, senza movimento dei globi oculari, la fronte senza una ruga, le sopracciglia leggermente corrugate, il profilo del naso, diritto, senza troppo rientrare il mento in avanti, la nuca ugualmente diritta, le vertebre cervicali piene di forza. Sotto le spalle cadenti, il corpo è perfettamente rilassato, la colonna vertebrale è in posizione, i glutei rientrati, le ginocchia fino agli alluci, si appongono fortemente al suolo, le anche non sono attorcigliate, il ventre è fermamente arrotondato”.
In Aikido, si chiama sankakutai una simile posizione soffice, equilibrata, che permette di muoversi liberamente tale quale un tetraedo regolare che girando, diventa conico.
KOKYU
Quando lo Shisei è acquistato e l'attitudine è buona, il lavoro seguente è “Kokyu”. “Haku” (Ko) significa espirare, “Suu“ (Kyu) significa inspirare. Tutti gli esseri viventi assorbono l'ossigeno ed espellono l'anidride carbonica. Questa azione si chiama kokyu. Un buon kokyu è lento, profondo, lungo e fatto naturalmente. E' dunque una respirazione addominale.All'inizio è bene insistere sull'espirazione e lasciare che l'inspirazione venga da se. La respirazione si fa con il naso. Se il ritmo respiratorio è perturbato, utilizzare la bocca per ristabilirlo. L'inspirazione si fa con la bocca chiusa, i molari leggermente serrati, la lingua in contatto con il palato. I debuttanti contano mentalmente per regolare l'espirazione e l'inspirazione. Durante l'inspirazione l'ano è chiuso; immaginate che l'aria scenda più in basso dell'ombelico.
Nella pratica del Budo, avviene che l'inspirazione sia rapida, che si tenga l'aria nei polmoni, che si abbia il bisogno di rigettarla rapidamente o al contrario lentamente. Durante l'esercizio, bisogna prestare molta attenzione alla padronanza del kokyu. Kokyu non consiste solamente nel rinnovare l'aria dei polmoni, a rigettare le impurità. E' necessario durante la pratica d'aver la coscienza di riempirsi di nuovo di un Ki puro. Il Ki, così immagazzinato, esce con potenza quando il bisogno si fa sentire. Questo irradiamento costante del Ki è il shisei giusto.
Durante la vita quotidiana, quando siete in piedi, o camminate, sul lavoro, anche quando dormite, esercitatevi con il cuore. Se una urgenza si presenta, il vostro kokyu sarà allora quello di ogni giorno. Ma per raggiungere questo stato, il quotidiano è importante. L'uomo, normalmente dimentica che respira, ma non dimentica di respirare. Nello stesso modo, al di la della coscienza, bisogna far penetrare nel corpo un kokyu giusto, un shisei giusto. Bisogna esercitarsi continuamente al fine di ottenere questo risultato. In questo modo, essendo stato il corpo riempito di Ki vigoroso, quando si raggiunge l'unità con la natura, l'energia del Ki invade il corpo e diventa possibile fare scaturire da voi stessi una potenza che sorpassa l'immaginazione.
Questa forza della respirazione (kokyu ryoku) che si esprime non è la nostra, è la forza della respirazione del cielo e della terra.
KAMAE
Nel Budo si dice spesso: "Ciò che è importante è Kamae".
Kamae non è solo al Budo, appartiene anche ad altre arti; fiori, calligrafia, tè. Nel football, nella boxe, nel tennis, Kamae è ugualmente importante. Nella lingua giapponese “Kamae” ha per significato prepararsi, mettersi in guardia. Il verbo “kamaeru” si traduce con fabbricare, preparare, attendere con intensità, stare all'erta. L’ideogramma cinese di Kamae è costruito dalla chiave '"legno", il seguito dell' ideogramma raffigura il perno e la mortasa che rappresentano l'insieme indissociabile della carpenteria. Così il Kamae di cui si parla nel Budo, consiste a prendere in rapporto ad Uke la posizione più vantaggiosa possibile.
Sia che siano due singoli o due armate a fronteggiarsi,in qualsiasi circostanza il Kamae è importante. Non si può tradurre semplicemente Kamae in forma. E' inutile rammentare che Kamae contiene insieme le forze del Ki e il potere di percepire tutti i dettagli. Al Kendo il Kamae del kendo; al judo il Kamae del judo; al tennis il Kamae del tennis; nell'aikido si utilizza hammi no Kamae (guardia di profilo).
Partendo da una buona posizione naturale (shizentai) in piedi, gambe allargate alla larghezza delle spalle, il piede sinistro avanza mentre il piede destro trascinato naturalmente ruota. Abbiamo la guardia a sinistra (hidari hamni) o inversamente la guardia a destra (migi hamni). Se i due avversari prendono la medesima guardia, piede destro o piede sinistro avanti, otteniamo “ai hammi no Kamae”. Se al contrario, i due avversari hanno la guardia opposta, l'uno il piede destro in avanti, l'altro il piede sinistro o viceversa, diciamo “gyaku hammi no kamae”. Con la spada si utilizza quasi sempre migi hammi. Con il jo o a mani nude la guardia di base (fondamentale) è hidari hammi.
Perché hamni è la guardia fondamentale dell'Aikido? Perché permette di muoversi facilmente di fronte a qualunque attacco e di praticare tutte le tecniche e di assimilarle. Ciò non di meno bisogna arrivare a superare le Kamae, il vero Kamae è il Kamae senza il Kamae, di modo che possiate trovare la risposta buona, quale che sia l'attacco, in qualunque luogo, in qualunque momento, a partire da qualunque posizione.
O Sensei dice: “Non guardate gli occhi di uke, il cuore si fa aspirare dagli occhi di uke, non guardate la spada di uke, la mente si fa aspirare dalla spada di uke, non guardate uke assorbireste il Ki di uke”.
Il Bu di verità è una pratica con lo scopo di assorbire uke nella sua totalità. "Mi reggo in piedi semplicemente".
MA AI
Nel budo si dice che “ma ai” è importante. E' la parola che definisce la relazione spaziale tra Uke e se stessi. La posizione da dove è facile attaccare o difendersi. Il “ma ai” non è dunque solo una nozione di distanza, bisogna includervi il movimento dei cuori nello spazio. Se ho paura lo spazio sembra troppo piccolo, se ho troppa fiducia in me stesso lo spazio sembra troppo grande. L'ideogramma “ma” è costituito dalla porta e dalla luna. E' la luna percepita dalle fessure delle porte chiuse. Diciamo che malgrado le porte siano chiuse, resta sempre un interstizio per lasciare filtrare la luce della luna; allo stesso modo, per quanto sia perfetta la guardia, vi è sempre un interstizio ove scivola la luce della luna. Perché questa forza nell'interstizio? Semplicemente perché questa fessura, per minima che possa essere, contiene l'intero spazio vuoto. Cosi sul muro principale del soggiorno di una casa giapponese, vi è il tokonoma. Là, in quel vuoto, si può sistemare un quadro oppure un vaso con dei fiori. Quel vuoto dona vita al quadro come al vaso di fiori. Nella pittura, come nella musica, tutto viene alla vita perché vi è questo spazio vuoto.
E' il vuoto del bicchiere che permette di riempirlo. E' lo spazio in un locale che permette alla gente di viverci. E' la vacuità di questo spazio che è importante. Quando non si vede nulla, quando si pensa che non vi è nulla tuttavia c'è qualcosa. La civiltà orientale, si può dire, è la civiltà che da importanza alla vacuità. L'ai di ma ai è lo stesso ai dell'Aikido, con il senso di fare Uno, mettere in ordine, armonizzare.
Ma ai è dunque, come potete dedurre da ciò che è stato scritto, lo spazio che nasce tanto dal cuore che dalla mente, di se stesso e dell'altro, e i include tutti e due in una evoluzione costante verso la posizione più vantaggiosa. Nell’Aikiken il corretto “ma ai” si identifica con l’espressione “HISOKU HITO NO MA” (letteralmente “Alla distanza di un passo”) con i ken a contatto in modo tale che basta avanzare di un passo per toccare chi ci sta di fronte.
IRIMI
La legge dell'irimi e' la radice dell'aikido. Si dice che O Sensei avrebbe trasposto in aikido la legge irimi che aveva colto con lo studio approfondito dell'arte della lancia.
L'ideogramma “iri” di irimi esprime l'idea di passare l'entrata della casa, di penetrarvi da soli o di essere invitati. L'ideogramma “mi” dà l'idea del bimbo nel ventre materno, con il senso di pienezza, pienezza di carne, d'ossa, di sangue. Dunque, mi eguaglia il corpo, irimi esprime mettere il proprio corpo nel corpo dell'avversario. Seguendo il metodo della lancia, il nome irimi è utilizzato per esprimere l'azione di penetrare vittoriosamente sino all'interno della guardia di un avversario armato di un'arma più lunga della propria quando si è armati, per esempio d'una sciabola o anche quando si è disarmati. Quando due forze si muovono in direzioni opposte, la forza che ne risulta è la somma di queste due forze, irimi è l'utilizzo di questo risultato e della sua relazione con la propria posizione al momento in cui si incrociano.
Chiamiamo irimi issoku l'entrata d'un passo sul fianco dell'avversario, essendo noi stessi nella posizione che permette irimi, in guardia. di profilo, attaccando l'avversario e respingendo la forza del suo attacco senza utilizzare la propria. Meccanicamente spiegato è facile da capire, ma nella realtà, non bisogna dimenticare che Uke è vivo e che tutto potrebbe non funzionare secondo la teoria, soprattutto se è meglio armato di noi che siamo a mani nude o con un'arma più corta di quella dell'avversario. Per entrare nella guardia di Uke o forzarla, bisogna giudicare il ma ai con esattezza, senza essere fermati dai cambiamenti di posizione di Uke.
Questo è normale e non dovrebbe essere spiegato. Più importante è dimenticare il suo corpo, entrare e trafiggere pensando di essere trafitti, entrare direttamente senza la minima esitazione. Stringete Uke con la vostra potenza mentale, sino a che sia obbligato a non attaccare; utilizzando, prendendo il suo attacco, voi entrate. Al di là di ciò che è stato detto, se provate il sentimento di avviluppare l'avversario, di fare un sol uno con lui sarà egli stesso a venire al nostro interno ed è questo l'irimi dell'aikido.
TENKAN
“Ten” vuol dire trasporre, trasferire, cambiare, evolvere. L'ideogramma “ten” è composto da due elementi, l'uno significa “ruota”, l'altro evoca un movimento ruotante, circolare. “Kan” vuol dire scambiare. Tenkan è utilizzato con il senso di cambiare direzione, linea di condotta, di stato mentale. Nell'aikido, si può dire che questa parola sia utilizzata perché sovente per effettuare un movimento si gira su se stessi e in questo movimento, cambiando direzione, il gesto è rotondo e da l'immagine della ruota che gira. Considerate che nella vostra rotazione, cambiate sia posto sia orientamento. Questo cambiamento di stato o di posizione è Tenkan. Ecco il perché dell’irimi tenkan, essi sono il diritto e il rovescio della stessa cosa.
URA - OMOTE
Nell'aikido una tecnica ha due aspetti: Ura wasa e Omote wasa. Ura rappresenta principalmente il contrario, il rovescio, il retro l'aspetto nascosto delle cose. Omote invece il diritto, la superficie, l'esterno, la facciata, l'aspetto apparente delle cose; in tutto vi è omote-ura. L'uomo stesso ha una faccia ed una schiena. Si può ugualmente utilizzare omote-ura nel senso di esteriore e interiore. Si può avere, per esempio, il viso sorridente e la pena nel cuore, od anche, l'apparenza del Buddha ed essere privo di sangue e di lacrime.
Classificando grossolanamente, si potrà dire, che omote wasa sono tecniche eseguite entrando di fronte all'avversario e ura wasa sono tecniche eseguite entrando dietro l'avversario. Alcune tecniche sono possibili tanto in omote wasa come in ura wasa, altre in omote wasa solamente o al contrario solo in ura wasa.
TAI SABAKI
Sembrerebbe che in Europa, “Tai sabaki” sia generalmente tradotto con “spostamento” ma ciò non trasmette il senso esatto di “tai' sabaki” come l'utilizziamo in aikido. L'ideogramma “sabaki” è composto di due elementi: la mano e il verbo separare (che da l'idea di separare con un coltello). Per estensione, il verbo sabaku, è utilizzato nell'espressioni designanti azioni le sue variate come: vendere, distribuire, sistemare dei dossier, sbrigare un affare. Un omofono di sabaki che si scrive con un altro ideogramma si traduce con tagliare un indumento, giudicare.
“Sabaku” significa riordinare un disordine, decidere ciò che giusto o falso, disperdere della merce, fare ciò che si deve. “Tai” il corpo. Dunque “tai sabaki” significa che al momento che un oggetto o un uomo tenta di raggiungervi, o un nemico vi attacchi, giudicando la vostra posizione relativa, sia che vi spostiate, sia che muoviate semplicemente una parte del corpo, ristabilite cosi la situazione a vostro vantaggio. Ristabilire la situazione a vostro vantaggio non è soltanto tenere l'equilibrio, mettersi al riparo e anche mettersi in una posizione di contrattacco opportuna. I
l tai sabaki dell'aikido chiede ancora di più, ovvero sconvolgere l'equilibrio di Uke nell'istante stesso dell'azione e, logicamente, condurlo in una posizione tale che non possa più muoversi. Quando uke ha il 99% di possibilità di vittoria, il tai sabaki consente di rovesciare la situazione a nostro favore.
ATEMI
Per molta gente, oggigiorno, la parola atemi significa il colpo di pugno del karate, perché nel karate, lo scopo dell'allenamento, è di distruggere il nemico con un colpo di pugno o di piede. Nella pratica attuale dell'aikido, si è in parte soppresso l'atemi per eliminare il rischio ai ferire il principiante, per evitare che il praticante prediliga lo studio dell' atemi a scapito della tecnica e per impedire che degli studenti ne facciano un cattivo uso quando sono più progrediti nella tecnica. Dunque coloro che affermano che non vi è atemi nell'Aikido, conoscono meno di niente dell'Aikido.
O Sensei definendo l'aikido dice: "l'aikido è irimi e atemi".
Tutte le tecniche di aikido includono l'atemi. Etimologicamente, ateru esprime l'idea di stimare e valutare con precisione la superficie e il valore di un campo. Per estensione avremo quindi uil significato di “collocarsi esattamente, cadere nel punto voluto”, nel centro del bersaglio, per esempio. All'idea di stimare, valutare, si aggiunge la nozione del successo.
Mi: il corpo. Nell'antico budo, atemi consisteva nel colpire i punti vitali dell'avversario, per provocare una perdita di conoscenza o la morte. Ferire in superficie o anche rompere un osso non è atemi. In aikido l' atemi è anche utilizzato per dominare la volontà di attacco, provocare un dolore nei punti vitali e perturbare la concentrazione dell'avversario, bloccando la sua intenzione di azione. Da questi atemi leggeri si passa agli atemi che provocano lo svenimento o la morte. Se studiamo i punti dell'agopuntura, vedremo che i punti che possono portare la guarigione, possono dare anche la morte.
E' un buon esempio che dimostra che vi è un tutto, ura e omote, ancora una volta. Quando avremo raggiunto un buon gradodi conoscenza, sarà bene che scoprire, nel corso d'esercizio, la possibilità di collocare un atemi durante l’esecuzione di una tecnica.
KOKYU RYOKU
Noi possiamo praticare l'aikido se possiamo sollevare tre grammi di suono. Ciò vuol dire che l'aikido non è un arte di combattimento corpo a corpo fondata sull'utilizzazione della forza fisica e muscolare. Il lavoro della tecnica, in aikido, si fa utilizzando pienamente l'energia mentale e razionalmente la forza fisica. Se si utilizza questo metodo è possibile sviluppare una forza superiore a quella che si crede di possedere. Quando si dice che le persone anziane, le donne, i bambini possono praticare, questo non vuol dire solo che possono allenarsi, ma anche che possono applicare questa disciplina al combattimento, dopo averla ben capita.
Abbiamo accennato sopra al kokyu; superiamo ora lo stadio della respirazione psicologica per assorbire in noi stessi l'energia dell'Universo, andiamo più oltre e fondiamoci in un sol corpo con l'Universo. La forza che ne scaturisce è la nostra, senza essere nostra, poiché in realtà è l'energia dell'Universo che scaturisce dal nostro corpo.
Questa forza, accumulata nel seika-tanden, riempie tutte le parti del corpo ed è simile all'acqua che scaturisce e che mai si ferma; questa forza che emana da un corpo e da una mente sempre calmi, sereni, distesi pronti a rispondere alla necessità in ogni momento e nella direzione voluta, questa forza si chiama kokyu ryoku. Questa forza, dono del cielo, non potrà esprimersi, se la vostra nuca le vostre spalle, le vostre braccia sono inutilmente contratte, ne’ se vi immaginate di essere forti o al contrario deboli, ne’ se credete che questa forza non esista.
Tutti questi cali, tutte queste impurità sono tanti sbarramenti al passaggio del ki. E' come se un tubo stretto è schiacciato da un piede, chiuso con della terra e l'acqua non può scorrere, sebbene questo sia stato fissato ad un rubinetto per potere bagnare un giardino. O’ Sensei ripeteva spesso: "l'aikido è una purificazione del corpo e dell'anima, è sgrassare il corpo e l'anima".
E' evidente che l'anima sarà raggiante, che la circolazione sanguigna migliorerà come la mente e il fisico, se si procede a una pulizia interiore e esteriore. Kokyu ryoku deve dare vita, nel praticante di aikido, ad un gesto tanto semplice quanto il sollevare un braccio o avanzare un piede. Una tecnica di aikido eseguita senza l'uso del Kokyu ryoku, non è una tecnica di aikido, è dello spumante senza bolle, una birra alterata. Kokyu ryoku capito intellettualmente è inutilizzabile. Bisogna impararlo ogni giorno attraverso il corpo perché non lo si assimila se non dopo un lavoro accumulato.
O Sensei diceva a questo proposito: "Un lavoro di tre giorni non è che un lavoro di tre giorni, un lavoro di un anno non è che un lavoro di un anno, un lavoro di dieci anni accumula la forza di dieci anni". Senza Kokyu ryoku la forma della tecnica può esistere, ma allora non è che una forma vuota e senza passare dalle tecniche, è impossibile impregnarsi di Kokyu ryoku.