Il Kiai non corrisponde ad una semplice emissione vocale più o meno potente. Esso, al pari di un movimento ben eseguito o del mantenimento del corretto stato mentale, è uno dei modi con cui il Ki può essere espresso. Il fatto che la manifestazione sia legata all’emissione di un suono non deve essere comunque messo in relazione con il suono stesso. Il Kiai, dunque, non si limita ad un semplice, per quanto poderoso possa essere, vocalizzo. Il Kiai e il suo utilizzo rientrano in un ambito molto più vasto, che è quello della respirazione. Nel grande e complesso quadro dell’utilizzo del respiro nella pratica marziale, il Kiai è protagonista solo della sua parte conclusiva e cioè dell’espirazione.
Fisiologicamente, infatti un singolo atto respiratorio può essere diviso in due momenti: inspirazione ed espirazione. Mentre l’inspirazione è un atto volontario o semi-volontario, l’espirazione avviene come fatto automatico. Solitamente il nostro corpo, in situazioni basali o di movimento è in grado naturalmente di regolare il respiro, aumentandolo o diminuendolo a seconda delle circostanze. Come già detto l’espirazione è la parte in cui è anche coinvolta l’emissione del Kiai.
Quando portiamo un colpo, spostiamo dei pesi o compiamo uno sforzo, siamo naturalmente portati a sfruttare maggiormente la nostra muscolatura, ma anche a mettere “più energia” in quello che stiamo facendo. E’ proprio alla base del mettere questa “energia in più” che nasce il Kiai. Esso deve essere considerato, infatti, come un atto naturale e non come qualcosa che noi urliamo per sentirci più forti o per intimorire l’avversario, anche se questo può essere uno degli scopi per cui convogliamo il Ki.
Il Kiai, infatti, può essere paradossalmente preso come un atto che può essere compiuto in silenzio, poiché non si trattare di emettere suoni, ma di estendere il proprio Ki. Questo è reso visibile da alcune posture che le statue Nioh hanno all’ingresso del cancello Deva di alcuni templi. Esse sembrano emettere i suoi “Un” e “Ah”, ma di fatto sono silenziose. Ciò è detto “Ah-No-Kokyu”. L’emissione del Kiai, essendo naturale, non può essere scissa né dal proprio corpo né dal proprio spirito. Di conseguenza solo quando entrambe le cose, mente e corpo, sono unificate, si ottiene un Ki molto potente. L’espressione di questo Ki solitamente si traduce in un movimento e in un atteggiamento corretti e difficilmente tale stato può essere perturbato. Si può tuttavia di rompere l’equilibrio di un ipotetico avversario che mantenga forte il suo Ki, proiettando il nostri Ki a mezzo del Kiai o possiamo anche utilizzare il nostro Ki per cercare di trovare un’armonia con il suo Ki o il suo Kiai.
Il Kiai, in questo modo, non diviene più un confronto di forza, ma espressione viva e tangibile della nostra energia e produrre un corretto Kiai per turbare l’armonia del nostro avversario non è solo alzare la voce. Se, infatti, alziamo la voce, ma non proiettiamo anche il nostro Ki, se il nostro avversario non è di spirito debole e pavido, non otterremo alcun risultato, ma sarà lui ad aver dimostrato l’equilibrio del suo Ki. Questo porta ad un’altra conclusione estremamente importante e cioè che il Kiai non deve essere fatto inutilmente, poiché potrebbe essere addirittura usato a nostro svantaggio. Questo accade quando la nostra respirazione è scorretta e ci è richiesta un’inspirazione al termine dell’esecuzione del Kiai.
Ciò solitamente avviene se il Kiai è stato un urlo o un fenomeno prettamente di voce. Se, invece, la nostra respirazione è corretta, possiamo tranquillamente emettere il Kiai non solo in qualunque momento, ma possiamo anche continuare a respirare correttamente dopo che lo abbiamo eseguito. Anche se la parte fisica con cui viene emesso il Kiai è la bocca, questo non è l’unico elemento del corpo che viene coinvolta. Il Kiai parte, infatti, dall’hara, in modo naturale, per poi salire verso la bocca. L’espirazione non deve essere forzata, ma deve nascere in modo naturale, come prosecuzione del gesto che stiamo eseguendo. Il Kiai può essere emesso in moltissime circostanze, come quando facciamo uno sforzo fisico, portiamo o subiamo una tecnica. L’importante è che parta dall’hara.
Esistono molti modi in cui si può esprimere il Kiai. Per alcuni il suono emesso è naturale, mentre altri si sentono più agevolati se urlano “Kiai”. In realtà non esiste un unico e corretto suono per emettere il Kiai, ma ci sono diverse interpretazioni, come si può osservare dalla figura.
L’emissione del Kiai differisce a seconda dell’azione che si intende intraprendere. Molto di tutto questo è stato mutuato dalla spada, che prevede un attento uso del Kiai, a seconda delle circostanze. Vediamo qualche esempio:
Yah: in questo caso il Kiai viene emesso a scopo prettamente difensivo. E’ un suono che parte assai stretto per poi ampliarsi e che cerca di contrastare l’avversario che porta l’attacco.
Ei: questo Kiai è penetrante e diventa più “stretto” alla fine. Solitamente è caratteristico di un attacco
Toh: solitamente è usato per portare uno tsuki con la spada. E’ penetrante e di affondo.
Iei: è il Kiai che esprime con maggior forza il Ki poiché è ciclico, “rotondo”. Parte molto stretto per avvolgere l’avversario e per chiudersi attorno a lui come avviene in molte forme dell’Aiki JuJutsu.