Chiunque abbia visitato una casa giapponese, un ristorante o un ufficio, avrà quasi sicuramente visto una bambola Daruma, dalla classica forma tondeggiante e con l'ombelico bene in vista sul ventre prominente quale simbolo di prosperità e buona fortuna. Quello che forse non tutti sanno è quale rapporto ci sia tra questo personaggio, lo Zen e le arti marziali. Quando è nuova, la bambola è dipinta di rosso ed ha entrambi gli occhi vuoti; chi la acquista o la riceve in regalo deve esprimere un desiderio oppure incominciare una attività, quindi dipingere uno dei due occhi, mentre il secondo verrà realizzato solo quando il desiderio si sarà avverato o il lavoro terminato con successo. La bambola ha il fondo arrotondato ed appesantito, in maniera da tornare sempre in posizione eretta anche se colpita alla sommità, raffigura con ciò il motto giapponese “Nana korobi ya oki, jinsei wa kore kara da”, che può essere tradotto come “cadere sette volte e rialzarsi otto volte, la vita inizia adesso“ ed invita ad essere costanti e determinati nei nostri propositi, rialzandoci ogni volta che si cade senza mai demoralizzarsi, ovvero continuando il nostro lavoro indipendentemente dai problemi e dagli imprevisti che tendono a fermarci.
foglie (ocha) aiuta a mantenere l'attenzione ed allontanare il sonno, ed ecco spiegato anche perché nella bambola e nelle immagini che lo ritraggono, gli occhi di Daruma appaiono spalancati e senza palpebre. Molte persone andavano da Bodhidharma sottoponendo-gli domande e quesiti religiosi, ma il monaco non voleva disturbare il suo za-zen per rispondere, finché non giunse al suo cospetto un aspirante monaco chiamato Hui-Ko (Eka in giapponese) che, dopo aver ricevuto dal patriarca numerosi rifiuti si tagliò la mano sinistra e la diede al Maestro seduto, affermando che sarebbe arrivato a tagliarsi la testa se Bodhidharma non gli avesse insegnato la sua disciplina. Il monaco comprese di aver finalmente incontrato qualcuno determinato quanto lui e accettò il giovane come discepolo. Altri racconti descrivono come Bodhidharma insegnò le arti marziali ai suoi discepoli per rafforzarne il corpo; il patriarca notò che la praticare la meditazione senza un adeguato addestramento fisico causava malattie e debolezza, tanto che diversi discepoli erano morti durante la pratica dello za-zen a causa dello sfinimento. Secondo quanto riportato – tra gli altri – dal Maestro Gichin Funakoshi nel suo Karate-Do Nyumon, i discepoli di Bodhidharma vennero istruiti in un metodo ispirato ai sutra buddisti Ekikin e Senzui che il sensei così descrive: “Senzui permette di “lavare via la polvere dalla mente” per scoprire la vera luce. Ekikin, che è composto dai caratteri “eki” (cambiamento) e “kin” (muscolo) significa “disciplinare e rinforzare il corpo”. Rinforzando il corpo tramite il metodo descritto nel sutra Ekikin, una persona può acquisire la abilità dei Re Deva.
Pulendo la mente tramite il sutra Senzui si rinforza la volontà di seguire un percorso spirituale. Si dice che questi due sutra insieme diano il potere di muovere le montagne e il ki (in cinese: ch'i) che avvolge L'Universo”. Bodhidharma è l'esempio di una persona che ha combinato lo studio della religione (Zen o Ch'an) e Budo; probabilmente imparò le arti marziali in India, dove era un kshatriya (figlio di un re guerriero) e le modificò per adattarle alle condizioni che trovò in Cina; come il suo insegnamento venne diffuso in Giappone e in Okinawa, così vennero enfatizzate le due forme di addestramento. Lo Zen continua ad essere il principio centrale di molte forme di Budo, l'espressione "Ken zen ichijo" può essere tradotta come “il pugno e lo Zen sono la stessa cosa” e nel suo libro “L'essenza del Karate-Do di Okinawa” l’autore Shoshin Nagamime sensei scrive: “La fusione di mente e corpo nel karate è indescrivibilmente bella e spirituale. Il flusso della mente, quando è totalmente assorbita durante la pratica dei kata, conduce una persona in totale contatto con il nucleo e l'essenza del suo essere. Uno è sia umiliato che esaltato dalla sua conoscenza di se. ... Io ho perseguito lo studio del Karate con lo scopo di portare ad essere Zen e Karate una cosa sola. Questo è stato lo sforzo di tutta una vita, che non potrà mai essere completamente realizzato da una persona”.
Citando ancora uno dei più famosi Maestri di Karate, leggiamo cosa scrive Gichin Funakoshi a proposito del carattere “vuoto” impiegato nel termine Karate. La confusione intorno alla parola “kara” è stata causata dal fatto che questa può significare sia “Cina” che “vuoto” a seconda dell'ideogramma impiegato. Poiché le origini dell'Arte sono rintracciabili in Cina, la denominazione “mano cinese” appare una interpretazione plausibile. Scrive sensei Funakoshi: “L'ideogramma che significa “vuoto” è senz'altro il più appropriato. Questa Arte non usa nessuna arma, solo piedi nudi e mani vuote. Inoltre, gli studenti di Karate-do non hanno come obbiettivo il solo perfezionamento dell'arte ma anche lo svuotamento del cuore e della mente da tutte le vanità ed i desideri terreni. Leggendo i testi del buddismo possiamo incontrare affermazioni come “Shi-soku-ze-ku” e “Ku-soku-zeshiki”, che letteralmente significano “la materia è vuoto” e “tutto è vanità”; Il carattere “ku”, che appare in entrambe le espressioni, può essere pronunciato anche “kara”.
Budo e Zen sono legate tra loro sin dai tempi di Bodhidharma; l'uno senza l'altro può generare dei monaci fisicamente deboli o dei combattenti spiritualmente poveri. Cosa è il Budo senza Zen o un qualche altro principio spirituale? Qualcuno dice che diventerebbe uno sport, ed io sono d'accordo. Il carattere “Do” che troviamo in judo, kendo, aikido, iaido, karatedo sta a dimostrare che l'Arte è parte di una “Via”, che è l'opposto di un semplice sport o di una raccolta di tecniche fisiche. Molti istruttori di arti marziali evidenziano l'importanza di mente corpo e spirito ma offrono poche o nessuna guida in merito all'aspetto spirituale; un budoka deve coltivare uno spirito calmo e tranquillo che appaia come una possente montagna. L'enfasi è sul “non pensiero” come opposto ad una complicata serie di principi e regole morali; si deve ricordare che Bodhidharma praticò “aldifuori dalle scritture buddiste” e senza “dipendenza da parole e lettere” per coltivare lo spirito.
Uno dei miei sensei affermava che la sua religione era lo Aikido perché quello era ciò che lui faceva. La religione, per lui, è quello che una persona adotta come proprio stile di vita, piuttosto che una particolare chiesa in cui credere, ed io sono sempre stato profondamente impressionato da queste parole. Questo sensei mi raccontò anche di un incidente capitato quando uno dei suoi superiori gli fece visita dal Giappone. Questi si rivolse ad alcuni allievi e gli disse che una particolare pratica che eseguivano sulle montagne non serviva a niente. Alcuni allievi furono irritati dalla cosa ed il mio sensei affermò: “Ovviamente loro praticavano per (il) niente!” e quello che gli studenti non avevano compreso e che erano stati elogiati per la loro ricerca del nulla, del vuoto che il sensei spesso diceva essere paragonabile all'occhio di un uragano (sia pure aggiungendo che perfino quello è qualcosa). Quindi, dietro la facciata di una bambola Daruma è nascosto un notevole pezzo di storia, e questo ci insegna principalmente due cose: la prima è la determinazione, risollevarsi dopo ogni caduta, non importa quante volte ciò avvenga; essere forti e non cedere allo scoraggiamento, essere sempre pronti a cominciare daccapo.
Abbiamo anche visto che Bodhidharma è all’origine sia dello Zen (Ch'an) che del Budo in Cina e così, anche se nessuno di noi rimarrà mai seduto per nove anni di fronte ad un muro in meditazione o si amputerà una mano per essere accettato come discepolo, non dobbiamo mai dimenticare che questa storia ci insegna che il Budo e l’addestramento spirituale devono essere praticati come fossero un tutt’uno.
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