Quasi tutti i praticanti di arti marziali marziali cinesi conoscono il Pa Tuan Chin, o Baduanjin, (letteralmente: "otto pezzi di broccato", perché il benessere psicofisico che procura è prezioso come la seta pregiata), una serie di otto esercizi che abbinano all'allenamento muscolare e respiratorio un massaggio degli organi interni e che si ritiene facilitino lo scorrere dell'energia vitale nei “canali” chiamati “Jing Luo”, praticati solitamente all’inizio di ogni sessione di allenamento con lo scopo di termoregolare in modo uniforme tutti i gruppi muscolari e di sciogliere le articolazioni, onde evitare stiramenti o altri incidenti dovuti alla mancanza di riscaldamento.
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Uno degli ammonimenti che più frequentemente vengono impartiti nel Dojo comprende la pronuncia di questa frase, che in giapponese significa “guardare una montagna lontana”. Si invita così il praticante ad avere una visione di insieme dell’avversario; piuttosto che guardare solamente i suoi occhi, le sue braccia o i suoi piedi bisogna osservare ogni suo singolo aspetto, dalla contrazione involontaria del viso al ritmo della sua respirazione, arrivare a comprenderne le intenzioni prima ancora che queste vengano manifestate. (Traduzione ed adattamento di “Facing an Edged Weapon - The Real Vs. The Psychological Threat” di Tim Larkin) http://www.dragondoor.com/articler/mode3/38/ Nota del Traduttore: Le tesi espresse dall’Autore del presente articolo sono abbastanza “estreme” e sicuramente foriere di diverse e comprensibili confutazioni. Per meglio inquadrarle nel contesto di discussione, è opportuno considerare che sono state pubblicate in un periodo delicato come quello seguito agli attentati al World Trade Center dell’11 settembre e che gli americani, in genere, hanno un approccio alla difesa personale più da cow-boy che da diplomatici. Oltre a ciò, è sempre bene tenere presente che quello che è concesso ad un soldato sul campo di battaglia in uno scontro corpo a corpo non è altrettanto concesso ad un privato cittadino aggredito o minacciato per strada. I presupposti fisici e psicologici dei protagonisti come le eventuali conseguenze sono assai diversi tra l’una e l’altra situazione. Nota dell’Autore: Durante lo scorso anno ho avuto il previlegio di incontrare John Du Cane e corrispondere con Pavel Tsatsouline sul condizionamento degli operatori speciali in base al profilo delle loro missioni. Sia John che Pavel mi hanno invitato a scrivere un articolo sull’addestramento al combattimento a mano armata ed io sono stato lieto di accogliere la loro proposta. Questo articolo riguarda la minaccia costituita dalle armi affilate ed è stato scritto in origine per una rivista, dopo l’attacco dell’11 settembre. Penso lo troverete interessante ed utile se vi trovaste ad affrontare una minaccia vitale. L’attacco terroristico al World Trade Center ed al Pentagono ha portato alla luce il fatto che a volte le persone normali si possono trovare ad affrontare una aggressione violenta ed inevitabile. Le armi usate in quella occasione furono taglierini per cartone e coltelli con lame più corte di dieci centimetri (attrezzi da calzolaio, secondo le indagini), quindi non pistole in speciali materiali plastici, non esplosivi esotici, solo semplici attrezzi che chiunque può acquistare in una qualsiasi ferramenta. Questi semplici oggetti furono sufficienti a tenere sotto controllo circa 60-80 persone in tre dei quattro aerei assaltati. Sul volo United Flight 93 i passeggeri passarono all’azione e contrastarono l’azione terroristica; Nonostante non siano riusciti a salvare sé stessi, questi eroi hanno certamente salvato molte altre vite, impedendo ai terroristi di colpire un bersaglio di alto profilo e obbligando l’aeroplano a schiantarsi nelle campagne della Pennsylvania. Personalmente esprimo il massimo disprezzo per gli zeloti che hanno eseguito questo atroce attacco, e sono convinto che i loro finanziatori ed i loro cosiddetti leader presto pagheranno il prezzo delle loro azioni, ma ritengo sia importante dare una attenta occhiata a cosa fare e cosa non fare quando abbiamo di fronte un aggressore armato con una lama affilata. Dopo una lunga pausa, torniamo ad occuparci degli Yoji-jukugo prendendo in esame Seisei-douou, Che si può tradurre letteralmente come “vero e nobile”. Una interpretazione più ampia può essere “puro e preciso”, “onesto e sincero”. Come appare evidente, la frase commenta ed evidenzia le qualità etiche e morali di una persona stimabile per la sua correttezza e rettitudine. C. Corona, M. Fenu, "Ritenzione d'arma - Teoria, Tecniche e Attrezzature" Ritter edizioni, collana: Target 320 pagine, 2012 248 ill.ni in b/n formato 14x21,5 cm ISBN 9788889107409 Verso la fine del volume, gli Autori usano una frase che ci piace pensare come un avviso, un disclaimer o - quasi - una "minaccia" (volutamente tra virgolette), ovvero: "Sappiamo di scontentare così tutti i fan dei film d'azione". Perché apriamo questa recensione con questa affermazione? Perché - duole dirlo - in Italia pare che la gran parte dell'addestramento all'impiego di un arma da parte degli appartenenti alle Forze dell'Ordine (taciamo - per carità di Patria - sul comune cittadino) sia basato su un pericoloso mix di ingenua buona volontà, leggende metropolitane, improvvisazione e - appunto - film d'azione dove il buono vince sempre, dove la pistola infilata nella cinta dei pantaloni non casca neppure se si viaggia appesi ai pattini di un elicottero in volo e dove l'arma - manco a dirlo - ha sempre nel caricatore i colpi sufficienti per eliminare tutti i "cattivi", nessuno escluso e capo compreso, tutti centrati al primo colpo in punti vitali o comunque immediatamente inabilitanti. Titolo: Takemusu aikido. Vol. 4: Kokyunage. Autore Saito Morihiro Pubblicato nel 2006 203 pagine Curatore: Corallini P. N. Traduttore: Kimura I.; Pranin S. A.; Monticelli R. Editore Edizioni Mediterranee (collana Arti marziali) Prezzo di copertina: Euro 21,90 Dopo una lunga attesa, alla fine del 2006 è finalmente arrivato sugli scaffali delle librerie italiane il volume di Morihiro Saito shihan che descrive ed illustra un'ottantina di tecniche di "kokyunage", principio fondamentale talmente importante che, se queste tecniche fossero eliminate, quest’Arte non si potrebbe più chiamarla Aikido. Negli ultimi anni di vita il Fondatore O’Sensei Ueshiba Morihei diede grande enfasi a tali tecniche, ed i filmati di quel periodo che lo ritraggono in azione lo provano ampiamente. |
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Marzo 2017
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